Nell'epoca della lunga crisi globale, o quanto meno occidentale, si parla molto di diseguaglianza, dell'arricchimento dell'elite e dell'impoverimento delle masse. In questi giorni fatto molto rumore uno studio pubblicato dalla ong britannica Oxfam, ripreso da tutti i quotidiani del mondo, che consegna un quadro scioccante della distribuzione globale della ricchezza: "gli 80 super ricchi del mondo detengono la stessa ricchezza del 50% più povero della popolazione globale", 80 persone sono ricche come 3,5 miliardi di persone. L'altro dato, ancora più sconvolgente, è che il top 1% (quello additato da Occupy Wall Street e dagli Indignados) detiene il 50% della ricchezza globale e che a breve sarà ricco quanto il 99% della popolazione.

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Davvero vogliamo vivere in un mondo così diseguale? Secondo Oxfam c'è una tendenza che porta alla concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi, mentre la gran parte della popolazione mondiale vive nella miseria. Lo studio è stato presentato in occasione del World economic forum di Davos, dove la direttrice esecutiva di Oxfam, Winnie Byanyima, è stata co-chair e ha cercato di sensibilizzare i "potenti del mondo" sul tema della redistribuzione della ricchezza per ridurre le diseguaglianze.

Ma i numeri, che in genere vengono usati per descrivere la realtà in maniera asettica ed oggettiva, spesso possono essere bugiardi, o quantomeno possono essere usati per descrivere una realtà oggettivamente distorta. Se ad esempio Oxfam avesse detto che gli 80 super ricchi detengono lo 0,7% della ricchezza mondiale, anziché dire che sono ricchi quanto il 50% più povero, il dato ci sarebbe sembrato molto meno sconvolgente. Eppure quei numeri così diversi dicono la stessa cosa. Ma anche il dato sulla ricchezza detenuta dal top 1%, se si va a vedere come è stato ottenuto e si va oltre i titoli per forza di cose sintetici dei giornali, non mostra un quadro oggettivo della distribuzione della ricchezza.

Come ha spiegato (e cerca di spiegare da qualche anno) Felix Salmon di Reuters, Oxfam non fa altro che riutilizzare i dati del Global Wealth Databook di Credit Suisse che riguardano la ricchezza netta, ovvero gli attivi meno i debiti. Ciò vuol dire che tra i più poveri del mondo ci sono tutti quelli che hanno più debiti, ma avere debiti non significa affatto essere poveri. Anzi, per avere molti debiti bisogna essere ricchi! Nessuno presta soldi a chi non ne ha o a chi non ha prospettiva di farne per ripagare il debito, e questo è abbastanza intuitivo. E vuol dire che nella "classifica" di Oxfam tra i più poveri ci sono alcuni tra i più ricchi (i più indebitati) o comunque persone che hanno un elevato stile di vita. Secondo il parametro utilizzato da Oxfam, tra i più poveri del mondo ci sono tutti quelli che hanno fatto debiti per investimenti, che hanno contratto mutui, come famiglie, imprenditori o studenti americani che hanno chiesto prestiti per pagarsi il college e che forse guadagneranno stipendi a cinque o sei zeri.

I più poveri del mondo probabilmente saranno Bernie Madoff o Jérôme Kerviel che hanno fatto truffe per miliardi di dollari o per stare all'Italia ricchi caduti in disgrazia come Callisto Tanzi o Salvatore Ligresti. Tutta gente che ha più debiti di un bambino o di un contadino dell'Africa subsahariana che non ha di che mangiare, ha reddito zero e zero debiti. E infatti secondo i dati della ong nel 10% più povero della popolazione globale non c'è nessun cinese, perché centinaia di milioni di cinesi pur essendo poveri non hanno debiti. Mentre quello stesso decile che raccoglie i più poveri tra i poveri è composto per oltre il 20 per cento da europei e statunitensi (gli africani sono il 30 per cento). E la ricchezza complessiva di questo decile è addirittura negativa.

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Lo studio ci dice molto anche sul punto di vista ideologico di certi ambienti sulla globalizzazione, che sembrano siano più interessati all'arricchimento dei ricchi che a quello dei poveri. E questo è abbastanza bizzarro per un'organizzazione il cui acronimo sta per "Oxford Commitee for Famine Relief" e che quindi si dovrebbe occupare principalmente del miglioramento delle condizioni dei poveri. E la meravigliosa notizia a cui Oxfam non sembra prestare molta attenzione è che in questi ultimi 20 anni di globalizzazione ci sono sempre meno poveri, o comunque che i poveri sono sempre più ricchi. Anzi, non c'è mai stato un periodo della storia in cui i poveri sono stati così ricchi. In circa 20 anni la povertà estrema si è più che dimezzata a livello percentuale, dal 36,4% della popolazione globale al 14,5 per cento nel 2011. E tutto questo mentre la popolazione mondiale è continuata ad aumentare.

Stiamo vivendo la più grande riduzione della povertà nella storia dell'umanità (in valori assoluti circa 1 miliardo di poveri in meno), una rivoluzione silenziosa che forse meriterebbe maggiore attenzione. E non è l'unico dato positivo, perché ovviamente l'aumento della ricchezza ha portato a un drastico calo della denutrizione, ad una forte riduzione della mortalità infantile e della mortalità per malattie come Aids, la malaria e tubercolosi che hanno mietuto centinaia di milioni di vite nei paesi più poveri e che oggi sono sempre meno letali. Questo è avvenuto nello stesso periodo in cui i ricchi sono diventati più ricchi, proprio a dimostrazione che la ricchezza non è una torta sempre uguale, ma cresce di dimensioni, e che quindi la povertà dei poveri non è proporzionale alla ricchezza dei ricchi.

Ciò non toglie che il tema della diseguaglianza abbia una sua importanza, perché la ricchezza influisce sui rapporti di forza tra le persone. Ma anche qui, Oxfam e le associazioni che si battono per un mondo meno povero e meno diseguale, avrebbero potuto vedere il lato positivo della globalizzazione e raccontarci di un mondo che oltre ad essere più ricco è anche più uguale. Oxfam, anziché guardare ai patrimoni netti (che hanno tutti quei problemi che abbiamo descritto), avrebbe potuto evidenziare l'andamento dei redditi, che secondo gran parte degli economisti è un indice molto più accurato per descrivere l'andamento della disuguaglianza.  Un economista non certo "liberista" come Branko Milanovic, che da anni studia la disuguaglianza, ha calcolato la variazione del reddito della popolazione globale negli ultimi 20 anni e i dati mostrano come i più grandi beneficiari del capitalismo globale siano stati proprio i nuovi membri della classe media di paesi come Cina, India, Brasile, Indonesia, che hanno visto crescere i propri redditi più del top 1% e del top 10% globale. Se i paesi ricchi crescono e i paesi poveri crescono ancora di più, vuol dire che viviamo in un mondo che è più ricco e più uguale. E infatti lo stesso Milanovic ha messo su un grafico l'andamento del coefficiente di Gini della distribuzione del reddito, mostrando come la disuguaglianza nel mondo sia in costante diminuzione dagli anni '60.

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L'andamento dei redditi è sicuramente uno strumento più accurato e meno distorsivo della ricchezza netta per misurare la disuguaglianza, ed è anche indicativo per Oxfam se l'utilizzasse per misurare le proprie performance. Un'inchiesta del Telegraph di un annetto fa mostrava come lo stipendio dei dirigenti delle principali organizzazioni caritatevoli britanniche, che si occupano di aiuti nei paesi poveri, sia aumentato del 60% in 3 anni, nonostante la recessione e la riduzione delle entrate. E si tratta di stipendi tutti superiori alle 100mila sterline. Ovviamente tra i manager che hanno ottenuto aumenti in doppia cifra ci sono anche i vertici di Oxfam.