Dal rapporto dell'Osservatorio dell'Imprenditoria femminile di Unioncamere-Infocamere pubblicato in queste settimane emergono dati di un certo interesse sull'evoluzione della presenza femminile nel mondo del lavoro.

donne lavoro

In particolare quello che emerge è che il mercato del lavoro sta diventando sempre meno "sensibile" rispetto al genere sessuale dei candidati. Secondo lo studio, uomini e donne possono competere "ad armi pari" per oltre la metà delle nuove assunzioni.

Le opportunità rivolte ad ambosessi sarebbero il 52,8% (nove punti in più di tre anni fa), mentre le offerte rivolte a candidati uomini sarebbero 30,5% e quelle riservate alle donne sarebbero il 16,7%. In particolare le offerte di lavoro gender-blind sarebbero il 66,2% nelle Public Utilities ed il 63,3% nel settore dei servizi, con picchi dell'85,2% nei settori finanziari ed assicurativi e dell'80,6% nel campo dell'informatica e delle comunicazioni. Le imprese del settore dei servizi sono anche quelle in cui i posti "riservati" alle donne sono più di quelli "riservati" agli uomini (20,1% contro 16,6%), con una tendenza molto evidente soprattutto negli studi professionali, nei servizi culturali e sportivi, nella sanità e nell'assistenza sociale.

Quello che emerge è un quadro complessivo di significativo avanzamento della presenza femminile nel mondo del lavoro, corroborato anche da un incremento del numero di donne imprenditrici, ed in modo particolare di under 35. Si tratta di un mutamento che ha molto a che fare con la crescita qualitativa della domanda di lavoro femminile. Rispetto al passato le donne appaiono più in grado – non solo a livello culturale, ma anche di mentalità - di intercettare le necessità del mercato del lavoro ed anche, nel caso, di crearsi da sole il proprio lavoro. Di pari passo è andata, naturalmente, anche un'evoluzione culturale dal lato dell'offerta di lavoro che ha rimosso o comunque indebolito alcuni preconcetti sull'impiego efficiente di donne in determinate professioni.

L'analisi della demografia del mercato del lavoro ci parla di una società che sta vivendo un'importante evoluzione dal punto di vista delle dinamiche sociali e, va da sé, delle dinamiche di genere. E' un'evoluzione che è utile ed interessante analizzare senza paraocchi ideologici e senza la pretesa di far convergere i numeri che rileviamo verso un qualche esito giusto a priori. Questo concetto di evoluzione sociale come processo fluido è come continua ricerca di punti di equilibrio sempre nuovi suona però blasfemo per chi invece crede che si possa creare una società giusta per il mezzo della regolamentazione politica.

Abbiamo parlato di come il mercato del lavoro alloca le opportunità professionali tra uomini e donne, ma di tutto questo, signori, in realtà non dovremmo parlare. Perché a chi devono essere rivolte le offerte di lavoro ce lo ha già detto, una volta per tutte, il parlamento italiano. E ce lo ha già detto da quasi quarant'anni. Per la legge n.903/77 "è vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l'accesso al lavoro indipendentemente dalle modalità di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attività" e non è ammessa, tra l'altro, nessuna "forma pubblicitaria che indichi come requisito professionale l'appartenenza all'uno o all'altro sesso".

Le deroghe ammesse a questa disposizione sono pochissime e riguardano "attività della moda, dell'arte e dello spettacolo, quando ciò sia essenziale alla natura del lavoro o della prestazione", oltre che casi di mansioni "particolarmente pesanti" individuate attraverso la contrattazione collettiva". Nel mondo ideale dello statalismo italiano, quindi la questione ha avuto una soluzione definitiva da vari decenni ed ogni "deviazione" rispetto a questa idealità non dovrebbe essere oggetto di analisi sociale e culturale, ma solo materia per tribunali, giudici ed ispettori del lavoro. La realtà fortunatamente il più delle volte sfugge all'ingegneria sociale dei legislatori e si muove con i suoi modi e con i suoi tempi, che sono il frutto dei contributi che ogni persona porta attraverso le proprie scelte.

Il rapporto dell'Osservatorio per l'Imprenditoria femminile ci dice che la torta delle opportunità di lavoro si divide in tre fette: lavori per cui sono ricercate persone di entrambi i sessi, lavori per i quali sono desiderati uomini e lavori per i quali sono desiderate donne. La dimensione di queste tre fette è il fattore che varia nel tempo, ma le tre fette ci sono e, con tutta probabilità, saranno destinate ad esistere anche in futuro. La pretesa di disegnare una società sulla carta, mettendo fuori legge alcune circostanze di incontro tra domanda ed offerta di lavoro, è destinata a restare sulla carta oppure, se implementata, a produrre un'ingerenza inaccettabile nelle relazioni economiche rendendo sindacabile da parte di terzi ogni possibile rapporto professionale.

Lo studio dell'Osservatorio registra che un'assunzione su sei da parte delle aziende è esplicitamente riservata alle donne e come, si è detto, le donne sono in particolare preferite nelle imprese sociali. Probabilmente sono ritenute più sensibili, più portate ai rapporti umani, e così via. E' davvero così? E' falso? E' l'avallo di un pregiudizio di genere? E' il prodotto di una qualche terribile "stortura" culturale da correggere attraverso l'azione politica? Più prosaicamente, è un normale e legittimo esito di una sommatoria di aspirazioni e di percezioni individuali.

Non c'è alcun male assoluto nel fatto che le donne siano considerate più adatte a svolgere bene determinati tipi di lavoro, così come non c'è alcun male assoluto nel fatto che si ritenga che gli uomini siano ritenuti più affidabili per altri tipi di lavoro. Il che non vuol dire che sia giusto così, cioè che ci troviamo di fronte ad un qualche equilibrio ottimale. Ci troviamo davanti, invece, ad uno scenario che è mutato rispetto al passato, è ancora in movimento e continuerà a cambiare.

La ragionevole previsione è che nei prossimi anni il mercato del lavoro sarà ancora più "gender-blind", in virtù tanto delle caratteristiche intrinseche dei posti di lavoro – sempre meno legate alla componente fisica – sia di processi educativi e di socializzazioni sempre più simili tra i due sessi. Sarà un percorso che funzionerà con beneficio di tutti se procederà dal basso, ma che invece sarà foriero di lacerazioni e conflitti se qualcuno si metterà in testa di portarlo avanti a colpi di quote rosa e azioni positive che antepongono la "correttezza" degli indicatori statistici ai diritti ed alla libertà degli individui.