Diritto oblio

Anticipata nel discorso sullo Stato dell'Unione dal Presidente della Commissione Jean Claude Juncker, la riforma europea del diritto d’autore, attesa ormai da anni, è stata presentata dal Commissario all’Economia Digitale, Günther Oettinger. Si tratta di una riforma complessa, condivisibile nei suoi obiettivi dichiarati, come la necessità di rafforzare l'efficacia transnazionale della regolazione, ma in generale il testo presenta vari punti oscuri e negativi.

Un aspetto balza subito agli occhi e non può non preoccupare: si tratta del cosiddetto diritto ausiliario (ancillary copyright), ovvero della possibilità per gli editori di far pagare un diritto accessorio per la pubblicazione di snippet (anteprime di un testo pubblicate su siti, social network o su aggregatori come Google news) di articoli coperti da copyright, anche per i singoli utenti e per articoli vecchi fino a vent'anni.

Si tratta di una misura che può avere conseguenze gravissime dal punto di vista della libertà di accesso all’informazione online da parte dei cittadini europei. Già a dicembre 2015, da parte mia e di altri eurodeputati, era stata inviata una lettera a Oettinger e ad Andrus Ansip manifestando preoccupazione per l'ipotesi che, secondo diverse fonti, si andava prefigurando.

Evidentemente queste perplessità – insieme ad altre espresse dal Parlamento Europeo negli ultimi anni - non sono state ascoltate dalla Commissione, che non ha nemmeno voluto tenere in considerazione il fatto che esistono, in Germania e in Spagna, dei precedenti di sperimentazione di una misura analoga, e che l'esito è stato tutt'altro che confortante. In Spagna, ad esempio, questo provvedimento ha portato alla chiusura del servizio di aggregazione di notizie di Google.

È certo condivisibile il principio che gli autori debbano essere pagati per i contenuti che producono, ma questo non può tradursi in quella che di fatto viene a configurarsi come un'odiosa “tassa sugli snippet”, poiché il diritto accessorio potrà essere imposto ad ogni sito internet e ai social network, oltre che ai motori di ricerca e agli aggregatori di notizie, e arriverà a coprire articoli vecchi anche di vent’anni. Non è chiaro dal testo attuale, che si presta ad interpretazioni diverse, se esso possa applicarsi anche ai semplici link, ma alcuni giuristi sostengono che, secondo un'interpretazione restrittiva, potrebbe essere questo il caso. Questo, di fatto, nell’epoca della rivoluzione digitale, equivale ad un'inaccettabile restrizione della libertà di leggere e informarsi online. Sarebbe impossibile per gli utenti pubblicare un link a un articolo su un social network senza prima aver pagato.

Gli effetti saranno negativi non soltanto rispetto alla libertà di espressione e alla naturale apertura della rete, ma anche dal punto di vista economico: startup di ridotte dimensioni e dotate di un budget limitato rischiano di non poter più accedere a contenuti finora disponibili a tutti.

Per queste ragioni, come parlamentare europeo, ho voluto subito manifestare pubblicamente la mia contrarietà, aderendo all'iniziativa Savethelink promossa, tra gli altri dalla parlamentare tedesca Julia Reda, esponente del partito dei pirati. Naturalmente questo è solo l'inizio di una battaglia che condurremo, visto che il testo dovrà passare in Parlamento Europeo.

Un aspetto interessante della questione, peraltro, è la possibilità di aggregare, intorno a questo tema, un'alleanza trasversale di parlamentari che hanno a cuore questo tema e di saldare una battaglia politica nelle istituzioni con una mobilitazione digitale più vasta, intorno alla quale si può potenzialmente creare molto consenso. Si tratta infatti di un tema che, sebbene poco conosciuto, potenzialmente potrebbe toccare molto da vicino la vita delle persone, creando un danno e una limitazione nella possibilità di scambiare idee e di fruire di contenuti che sarebbe intollerabile per chi è abituato alla libertà della rete.