Nonostante la crisi, nonostante le rigidità del sistema produttivo italiano, nonostante le resistenze ottuse di burocrazia e amministratori pubblici, c'è una grande azienda multinazionale che continua a credere nell'Italia, nelle imprese italiane e nella bontà degli investimenti fatti nel nostro paese.

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Nell’anno fiscale 2011-2012, IKEA ha visto per la prima volta dal 1989 un calo del fatturato del 2,6% nei punti vendita italiani, anche il periodo settembre 2012 - agosto 2013 ha confermato un ulteriore calo nel fatturato degli store situati nel nostro Paese del 4,5% (dati fonte Ikea). La causa del calo è senza dubbio la crisi economica che ha colpito i principali target commerciali della multinazionale. Nonostante ciò, IKEA continua con la sua politica di espansione, contrastando la crisi con nuove aperture e stanziando un investimento di quasi 1 miliardo di euro per l’Italia, con l’obiettivo di aprire nuovi punti vendita.

Oltre all’apertura dei megastore “tradizionali”, IKEA Italia (tramite Inter Ikea Center Group, una società della multinazionale) ha in programma di aprire due centri commerciali interamente gestiti da IKEA che integreranno gli store già esistenti. Si tratta di strutture che hanno riscosso un grande successo in Germania e in Austria, ma anche in Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca e Svizzera.

Il primo centro commerciale a Villesse (Go), la cui apertura è prevista per il 21 novembre 2013, sorgerà su un’area di 90 mila metri quadrati e comprenderà 170 negozi, divisi tra ristoranti, bar, cinema e aree per i più piccoli. Il progetto avrà una rilevante ricaduta occupazionale sul territorio, con numeri che si aggirano attorno al migliaio di nuovi posti di lavoro. Il bacino di utenza previsto per il centro commerciale è stimato a 1,3 milioni di clienti annui, calcolando un tempo di 60 minuti per raggiungere il punto vendita, ma considerano un mercato di “area vasta”, oltre la Regione e verso la Slovenia, i potenziali clienti si aggirano tra i 3 e i 7 milioni annui. Il secondo centro commerciale interamente gestito da IKEA sarà quello di Brescia. Approvato nel novembre del 2012, il nuovo polo dovrebbe vedere la luce nel 2015 e si svilupperà su una superficie di 85 mila metri quadri, ospiterà 190 negozi e avrà a disposizione 4.500 parcheggi, con un bacino d’utenza stimato di 800 mila potenziali clienti.

Le scelte localizzative dei megastore sono alla base delle nuove strategie dell’azienda, tanto che l’indagine sul territorio prescelto dura dai due ai tre anni. Le aree giudicate idonee per ospitare un punto vendita IKEA (centri commerciali o insediamenti tradizionali), devono presentare infatti delle caratteristiche fondamentali. In primo luogo, il punto vendita deve sorgere in una zona urbana o semi-urbana con un bacino di almeno 1 milione di abitanti (requisito minimo per avere un numero sufficiente di clienti). Il secondo aspetto, non meno importante, riguarda la possibilità da parte dei potenziali acquirenti di poter raggiungere il punto vendita in un tempo massimo che va dai 45 ai 60 minuti, motivo per il quale è necessario che la zona sia in prossimità di grandi arterie viarie. Anche gli orari di apertura, posti attorno alle 9.30/10 del mattino, sono voluti per evitare sovrapposizioni con i flussi di persone che si recano sul posto di lavoro, scongiurando effetti di congestionamento controproducenti per lo stesso punto vendita.

Non sempre IKEA riesce nei suoi intenti. È molto frequente che le intenzioni della multinazionale non vengano condivise dai rappresentanti di enti locali o anche da gruppi organizzati di cittadini. Emblematici sono i casi di Casale sul Sile (TV) e La Loggia (TO); i due comuni sono stati testimoni di un tentativo da parte degli svedesi di aprire un punto vendita all’interno dei loro confini, in aree adibite ad uso agricolo, andando contro le previsioni dei piani territoriali delle rispettive Provincie. Le vicende che ne sono scaturite hanno messo in luce da un lato la facilità con cui i sindaci tendono a cedere alle promesse di oneri concessori e nuovi posti di lavoro dati dalla collaborazione con IKEA, dall’altro come possano essere vincolanti i piani territoriali urbanistici.

L'influenza di IKEA sul territorio italiano non è misurabile solo con il numero di punti vendita aperti, ma anche con i contratti di fornitura stipulati con aziende. La multinazionale compra più dall'Italia di quanto venda. Per quanto riguarda le vendite, il nostro Paese si posiziona al quarto posto con il 6,3%, dopo Germania, Stati Uniti e Francia. Gli acquisti che IKEA effettua dai fornitori italiani, invece, valgono l'8,2% del totale, collocando l'Italia al terzo posto tra i paesi fornitori, dopo la Cina con il 22% e la Polonia con il 18%. La quota dell'8% sale al 34% nel solo comparto delle cucine: una cucina su tre venduta da IKEA nel mondo è prodotta in Italia. L'80% degli acquisti effettuati nella penisola sono mobili, mentre il 20% rimanente consiste in complementi d’arredo.

Oltre alle cucine, IKEA acquista dall’Italia anche elettrodomestici, camere da letto, scaffalature, librerie e bagni. I fornitori italiani sono 24, prevalentemente localizzati nel Veneto (primo posto), Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Emilia-Romagna e Marche. Dal Veneto proviene il 38% di quanto è prodotto in Italia, dal Friuli il 30% e dalla Lombardia il 24%. IKEA acquista più dal Nord Est italiano che in Svezia o in Germania.

La ricaduta occupazionale dovuta ai rapporti di fornitura è attorno ai 2.500 posti, i quali, se sommati ai 6.600 dipendenti della rete commerciale e logistica di IKEA in Italia e l’indotto generato dai punti vendita, raggiungono un totale che viene stimato in 11.000 posti di lavoro. Se da un lato la multinazionale è spesso criticata per i suoi megastore e per l’impatto che, secondo alcuni, questi generano sull’ambiente, dall’altro lato la ricaduta occupazionale che IKEA può generare stipulando contratti con aziende fornitrici italiane è molto elevata.

Ne è un esempio il Veneto: a partire dalla fine degli anni Novanta, IKEA è diventata il principale cliente di diverse imprese specializzate nella realizzazione di mobili. Tra i casi principali c’è l’azienda 3B di Salgareda (TV) che, in 10 anni di contratto con la multinazionale, ha raddoppiato il suo fatturato, passando dagli 85 milioni di euro del 2001 ai quasi 200 milioni attuali. Altra azienda beneficiata è la Media Profili di Mansuè (TV), la quale dopo 11 anni di forniture per IKEA ha raggiunto un fatturato di 245 milioni di euro.

Un fatto ancora più eclatante è avvenuto nel 2012, con lo spostamento di alcune produzioni dall’Asia all’Italia. La regione che guadagnerà di più da questa rilocalizzazione sarà il Piemonte che attualmente detiene una quota dello 0,8% del totale dei fornitori che lavorano per IKEA. Ad attirare la multinazionale è stata la flessibilità dei distretti piemontesi storici come quello di San Maurizio d’Opaglio (No) o di Gozzano (No). L’azienda Paini, ad esempio, localizzata in questi distretti, è ora il principale fornitore italiano di rubinetti per IKEA e spedisce i prodotti nelle sedi logistiche di tutto il mondo, lasciando poi alla multinazionale la distribuzione capillare nei singoli magazzini. Il rapporto con la multinazionale ha portato l’azienda a raggiungere un fatturato di 70 milioni di euro, di cui l’80% realizzati con vendite all’estero, e ha permesso l’apertura di una filiale in Cina.

Per garantire la fornitura ai vari punti vendita dei prodotti destinati ai consumatori, IKEA si affida a una rete di distribuzione che ha come fulcro delle grandi strutture che vengono poste in zone nevralgiche. Proprio in Italia, nel polo logistico di Piacenza, si trova uno dei magazzini più avanzati, il quale, oltre a servire i negozi italiani, si occupa anche del rifornimento dei punti vendita svizzeri e austriaci. La multinazionale svedese è stata una delle prime aziende a inserirsi nel polo piacentino, contribuendo al suo sviluppo.

Una precedente versione di questo articolo è apparso su www.gazebos.it