Sigaretta elettronica

In quattro anni ha rivoluzionato la vita e le abitudini di milioni di fumatori. Si tratta di un oggetto tanto semplice quanto innovativo: un cilindretto tascabile elettronico collegato ad una resistenza che riscaldandosi permette la vaporizzazione di un liquido, spesso contenente nicotina. Detta così potrebbe sembrare difficile capire di cosa si stia parlando ed invece è nient’altro che la cosiddetta sigaretta elettronica.

Secondo una recente indagine condotta dalla Ernst & Young nei sette Paesi che rappresentano il 75 per cento del mercato globale (Italia, Francia, Germania, Polonia, Regno Unito, Russia e Corea del Sud) gli utilizzatori di e-cig sono passati complessivamente dai 2,8 milioni del 2013 ai 5,1 milioni del 2015: una crescita dell’86%. In alcuni mercati come il Regno Unito i vapers rappresentano addirittura un quinto di coloro che utilizzano prodotti da combustione del tabacco, tanto da avere spinto il sistema sanitario nazionale a rendere mutuabile la sigaretta elettronica come mezzo per smettere di fumare.

La crescita è guidata da fattori diversi. Il più importante è certamente la convinzione che l’e-cig causi meno danni alla salute rispetto alle sigarette di tabacco. Ne è convinto un consumatore su due (il 51 per cento), mentre il restante 49 per cento ha scelto la sigaretta elettronica per ridurre il fumo tradizionale. Altro fattore importante nella scelta della sigaretta elettronica è il prezzo. I Paesi in cui i prodotti del tabacco costano di più sono proprio quelli dove si registra una maggiore penetrazione dell’e-cig.

L’Italia, però, segna un andamento controcorrente: è l’unico Paese ad avere registrato nel 2015 minore crescita rispetto al 2013, anche se in misura leggermente superiore al 2014. Questo probabilmente è dovuto all’incertezza normativa e fiscale vissuta dal settore proprio in questi ultimi due anni. La tassazione sui liquidi di ricarica introdotta dal governo Monti e confermata da Letta e Renzi è attualmente sospesa. Tar, Consiglio di Stato, Corte costituzionale: i tre livelli di giudizio hanno dato ragione ai produttori del comparto.

La sentenza ha spiegato che, eventualmente, l’unica componente che potrebbe essere oggetto di tassazione è la nicotina. Null’altro. Ma sino a quando la normativa non verrà ricalibrata, i produttori (e di conseguenza i rivenditori) vivranno, come stanno vivendo, in un limbo fiscale. Proprio per questo l’Italia risulta essere il paese al mondo in cui si consuma meno nicotina. Anche se, forse, nella realtà non è così. Le vendite on line infatti consentono ai consumatori di approvvigionarsi all’estero scavalcando la normativa e l’imposizione fiscale italiana.

Dal 20 maggio scorso, però, è in vigore la Direttiva europea sui tabacchi (Tpd), che si applica anche alle sigarette elettroniche - che pure non contengono tabacco. L’Italia è riuscita a recepirla già da tempo evitando dunque di incorrere in procedure di infrazione. Tra le nuove norme, è istituito il divieto di acquisto transfrontaliero da parte dei consumatori italiani, pena l’oscuramento del sito. Il problema è che non esistono shop online specializzati esclusivamente nella vendita di liquidi con nicotina, che rappresenta solo una parte del loro business, non necessariamente la più importante. Probabilmente anche per questa difficoltà, nonostante la Tpd sia in vigore da circa una settimana, nulla è ancora cambiato.

Il prossimo fine settimana a Verona si terrà Vapitaly, l’annuale edizione della fiera internazionale del vaping. Oltre duecento aziende provenienti da quattro continenti presenteranno in anteprima le novità ma avranno anche modo di confrontarsi sulle problematiche normative e fiscali del settore. Certamente la supertassa di 5 euro per ogni flacone di ricarica da 10 millilitri sarà ancora al centro del dibattito. Non intervenire per chiudere definitivamente questo capitolo significherà lasciare campo aperto al contrabbando e ai prodotti low cost di incerta origine e qualità.