Tralicci elettrici

(Public Policy - stradeonline.it) Giovedì 21 aprile è stato presentato alla Camera dei Deputati il Programma Energia M5S, che punta alla totale eliminazione delle fonti fossili entro il 2050.

Il primo step prevede di chiudere le 14 centrali italiane a carbone e gli inceneritori nell'arco di una legislatura (5 anni). La scelta di chiudere le centrali a carbone è, da un punto di vista astratto, giusta: il carbone, tra tutti i combustibili fossili, è quello che crea maggiori danni all'ambiente. Prima di poter chiudere le 14 centrali a carbone, però, bisognerebbe essere certi di riuscire a produrre abbastanza energia senza di esse.

Attualmente queste centrali formano una parte fondamentale del base load del nostro fabbisogno energetico, producendo il 15.7% della nostra energia elettrica (dato 2014 Terna), quella “affidabile” che c'è sempre, indipendentemente dal clima. Nelle giornate soleggiate e ventose, magari nelle domeniche
estive in cui molte fabbriche sono chiuse, saremmo in grado di produrre abbastanza energia da rinnovabili, ma una politica energetica, ahimé, deve, per sua natura, tener conto anche di eventuali lunedì piovosi.

La soluzione del M5S sarebbero gli impianti a gas naturale (sì, proprio quel gas naturale che molti Cinque Stelle, votando Sì al referendum del 17 aprile, volevano impedire di estrarre dopo la scadenza delle concessioni. No, è proprio inutile cercar di capire), che esistono già e che attualmente producono circa il 33.9% della nostra energia elettrica, e non sono sfruttati al 100% della loro potenza. Molte di queste centrali a gas possono essere accese o spente rapidamente, per far fronte alle richieste di energia, quindi potrebbero compensare la variabilità climatica del fotovoltaico e dell'eolico.

Durante i 5 anni che ci porterebbero alla chiusura delle centrali a carbone, tuttavia, sarebbe necessario cominciare ad investire seriamente (con quali soldi?) in ricerca e sviluppo sulle rinnovabili, per evitare di pesare troppo sulle centrali a gas naturale: si dovrebbero poi costruire impianti importanti, per dimensioni, impatto visivo e produzione, come le centrali eoliche offshore. Siamo sicuri che il fronte del NIMBY, di cui spesso proprio i Cinque Stelle si fanno portavoce, non avrebbe proprio nulla da ridire?

Il documento M5S prevede l'introduzione di una carbon tax per scoraggiare l'uso del carbone e l'utilizzo di sistemi di pompaggio per modulare la variabilità delle rinnovabili non programmabili. A mia opinione, per quanto la disincentivazione del carbone avrebbe effetti positivi sull’ambiente, potrebbe non essere sufficiente a far chiudere le centrali. Si renderebbe necessaria una incentivazione mirata delle rinnovabili, come pure grossi investimenti sulle reti elettriche esistenti, per adeguarsi alla generazione di energia sempre più diffusa e meno concentrata. Provvedimenti non a costo zero, e che a breve termine finirebbero comunque per pesare sulle tasche degli utenti finali.

Un altro punto è la chiusura degli inceneritori. Il modello zero rifiuti è senza dubbio desiderabile; purtroppo, però, è lontano dal nostro orizzonte. Per chiudere gli inceneritori si deve spingere molto sulla raccolta differenziata, e questa spinta può sicuramente partire dal governo centrale, ma se le amministrazioni locali non la appoggiano sarà difficile portarla ai livelli necessari a non aver più bisogno degli inceneritori. E questo neanche basterebbe: sarebbe necessaria una vera rivoluzione dei consumi, che si potrebbe ottenere solo cambiando la cultura dei consumatori.

Anche ipotizzando una società futura in cui tutti fanno la differenziata e comprano alla spina o con packaging 100% riciclabile, alla fine qualcosa che non si può riciclare resterà sempre, sia nelle case che in negozi, ospedali, industrie, uffici. Chiudere gli inceneritori nel 2020 vorrebbe dire mettere tutto ciò che avanza in discarica, come se fosse il male minore. Incenerendo il rifiuto residuo, invece, solo le ceneri andrebbero in discarica (sì, anche della discarica non si può fare a meno), quindi essa potrebbe durare molti più anni, anziché esaurirsi in fretta rendendo necessaria l'apertura di altre discariche altrove.

Andando avanti col programma, si vede che al 2050 tutta la potenza termica installata in centrali a fonti fossili dovrà trasformarsi in potenza elettrica, ad esclusione di impianti termici, ovvero solare termico, geotermico e bioenergie. Qui non si parla solo di centrali termiche a servizio di industrie, ma anche della caldaia di casa.

In sostanza, secondo i Cinque Stelle, entro il 2050 tutti gli italiani che hanno una caldaia dovranno sostituirla con un sistema elettrico o con una delle fonti rinnovabili termiche. Tutto molto bello, se si pensa alle villette col fotovoltaico sul tetto per dare energia alla casa. Ma cosa succede in città, nei condomini dove la superficie del tetto non è sufficiente per il fabbisogno di tutte le unità abitative? Sarà necessario pensare a soluzioni alternative, come le caldaie a biomasse, se c'è il riscaldamento centralizzato (e necessità di trasporto della biomassa dalla campagna alla città), o a sistemi di teleriscaldamento, costosi da realizzare, o semplicemente a comprare energia elettrica dalla rete per riuscire a tenere le case calde in inverno. Sarebbero necessari quindi molti incentivi per rendere gli edifici esistenti quanto più possibile termicamente isolati e per invogliare la gente a passare ai nuovi tipi di impianti, e no, non sono costi che si possono coprire eliminando le auto blu, diciamo.

Per l'industria il discorso è simile, ma su scala più grande. L'industria usa il calore in vari processi: produrlo con una caldaia è più efficiente che produrlo con l'energia elettrica, il processo ha meno sprechi. Quindi il settore, ipotizzando che la produzione resti costante, avrebbe bisogno di più energia di quanta ne usa attualmente. Certamente, anche qui, si possono prevedere incentivi per sostituire i vecchi impianti con macchinari nuovi e più efficienti e lastricare i capannoni di pannelli fotovoltaici, ma in sostanza servirà energia proveniente dall'esterno, dalla rete elettrica, quindi prodotta da qualche altra parte.

Ci sono poi altri impegni del M5S, come la sostituzione delle vecchie locomotive a gasolio (il 29% della rete ferroviaria non è coperta da rete elettrica, soprattutto in zone di montagna) con… locomotive a gas naturale entro il 2040. Una proposta un po' anacronistica: se nel 2050 le fonti fossili dovranno sparire, vale la pena investire in nuove locomotive (o rinnovare le esistenti) che poi, dopo una decina d'anni, saranno da buttare? Sarebbe decisamente più opportuno cercare una soluzione tecnica più adatta.

Rimanendo in tema trasporti, l'abbandono delle fonti fossili al 2050 include anche quelle usate per i mezzi su gomma: bisognerà quindi sostituire quasi tutti i mezzi attualmente in uso. Da qui al 2050 è lecito pensare che il parco macchine si rinnovi, ma per assicurarsi che chi compra un'auto nuova la prenda elettrica sarà necessario intervenire sul mercato, incentivando (ancora, con quali soldi?) l'acquisto di auto elettriche e caricando di tasse le auto a fonti fossili.

Per quanto riguarda il trasporto di merci il discorso cambia: attualmente questo settore gode di benefici, come l'esenzione dalle accise sul carburante. Volendo cambiare il sistema, sarebbe necessario eliminare questi benefici, ma il rischio di creare problemi al mercato sarebbe alto. Benefici simili dovrebbero essere concessi a chi trasporta merci utilizzando motori elettrici, ma calibrarli al punto giusto per non favorire o sfavorire eccessivamente alcune categorie, dando spazio agli imprenditori per adattarsi al cambiamento, sarà una cosa molto complicata.

In quest'ottica sarebbe opportuno sviluppare il trasporto merci su rotaia, di cui tuttavia nel documento del M5S non si parla. Siamo, come si sa, una nazione “lunga” e molti tir vanno da nord a sud o viceversa, lungo la A1 o l'Adriatica; spostare queste merci utilizzando la rete ferroviaria, elettrica, potrebbe essere parte della soluzione, fermo restando che poi diventa necessario un altro mezzo per arrivare dalla stazione merci al luogo di distribuzione. D'altronde il M5S è famoso per essersi aggregato al fronte dei NoTav e sarebbe stato probabilmente poco coerente proporre il trasporto su rotaia come alternativa al trasporto su gomma, quando si osteggia tanto una rotaia che permetterebbe di trasportare persone e merci in parte dell'Europa.

I Cinque Stelle, dunque, hanno proposto un piano che punta alla totale esclusione delle fonti fossili, cosa sicuramente, da un punto di vista ecologista, auspicabile: ci sono però delle riserve che non si possono ignorare sul reperimento dei fondi (su cui vengono fatte ipotesi, che però richiederebbero molti interventi, quindi un esecutivo estremamente forte e compatto: non esattamente, pare, la visione che ne ha il partito di Grillo) e su alcune questioni tecniche e pratiche. Magari bastasse la microgenerazione diffusa su tetti, capannoni e pensiline; per supportare il paese senza petrolio, carbone e gas saranno necessarie molte grandi opere, augurandosi non siano osteggiate dai soliti No-Tutto perché rovinano il paesaggio.

stradeblog

Una sintesi di questo articolo appare anche su #STRADEBLOG, il primo blog ospitato sul notiziario di un'agenzia di stampa, curato da Strade. Tutti i post di #STRADEBLOG diffusi da Public Policy - grazie per la fiducia e la collaborazione! - sono pubblicati, più o meno in contemporanea, su Strade.