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(Public Policy/Strade) Tutta la discussione sul temibile provvedimento del governo (in questo post un breve riepilogo), volto a consentire alle perfide banche di prendersi la casa dei propri debitori inadempienti, postula che si riesca in qualche modo a rendere possibile il trasferimento di un immobile contro la volontà del precedente proprietario.

Perché del passaggio “contro la volontà” non si sente parlare? Pensiamoci un istante: nell’ipotesi in cui il debitore fosse favorevole alla vendita dell’immobile, il provvedimento sarebbe quasi inutile, perché’ si limiterebbe ad anticipare alla data di sottoscrizione del contratto l’accettazione da parte del finanziatore dello stralcio sull’eventuale debito residuo. Quest’ultimo viene di norma riconosciuto nei casi di vendita consensuale (anche perché in alternativa il debitore non acconsentirebbe alla vendita)

L’unico caso su cui ha senso ragionare, quindi, è quello in cui, in caso di inadempienza, il finanziatore può ottenere il trasferimento dell’immobile contro il volere del debitore proprietario. Che questo sia praticabile (e soprattutto con quali modalità) in un paese in cui trasferire una proprietà immobiliare non è agevole neanche quando c’è il consenso delle parti, (a giudicare dal ranking nel ease of doing busines index e dal ricorso a costosi intermediari e certificatori) è argomento che meriterebbe una trattazione apposita.

Supponiamo che si trovi un modo per rendere possibile il trasferimento e cerchiamo di capire cosa succederebbe. Attualmente il processo giudiziale di vendita forzosa è inefficiente, lento e costoso (in questo report Bankit i dati principali). Questo stato di cose, conferisce al debitore inadempiente il vantaggio indebito di poter “mantenere il possesso dell’immobile” per la durata dell’azione legale e, di conseguenza, di beneficiare di leva negoziale aggiuntiva nelle trattative con la banca creditrice: se per recuperare un credito per via giudiziale occorrono 5 anni, costi del 5% sul recuperato e prezzo di vendita inferiore rispetto al valore medio di mercato del 10-20% (valori puramente indicativi) allora sarà conveniente per il creditore concedere uno sconto sul credito proporzionale a questi fattori. 

Se fosse possibile evitare l’esecuzione forzosa, la banca otterrebbe un recupero più veloce e più elevato e dunque si ridurrebbe questa distorsione dovuta all’inefficienza del sistema. Chi guadagna e chi perde con questo meccanismo? Al di là della retorica spicciola sul singolo caso umano, che si può trovare in ogni circostanza, la maggioranza dei cittadini trarrebbe un beneficio da questa impostazione:

1. se le banche recuperano i crediti più in fretta e in misura maggiore, possono erogare finanziamenti a condizioni più vantaggiose e in misura maggiore alla propria clientela

2. se i tribunali sono meno carichi del lavoro derivante dalle procedure esecutive possono dedicarsi a servire meglio e più in fretta la collettività

3. se si riducono le inefficienze e disfunzionalità del sistema diventa più conveniente investire dall’estero e in generale avviare nuove imprese o far crescere quelle esistenti

Ad essere penalizzata sarebbe una limitata minoranza di cittadini, che include persone sfortunate così come truffatori di professione, che perderebbe un vantaggio che derivava unicamente da una serie di circostanze storiche e senza alcuna giustificazione. Seguono alcune possibili perplessità sul tema sotto forma di domande e risposte.

E se la banca frega il debitore comprando l’immobile con una sua società a prezzo vile per poi rivenderlo a prezzo maggiorato? Questa è una leggenda metropolitana probabilmente originata dal fatto che molti istituti di credito, per ovviare alla disfunzionalità del sistema, hanno messo in piedi delle società veicolo destinate ad acquisire gli immobili in asta per limitare il numero di aste deserte. Proviamo a pensarci con criterio: innanzi tutto si tratta di una frode, penalmente perseguibile ed è abbastanza improbabile che soggetti estremamente regolamentati come gli istituti di credito, in un paese avanzato come l’Italia, dove sono presenti organismi e associazioni a tutela dei consumatori, si avventurino in una operazione del genere con la prospettiva quasi certa di essere scoperti e sanzionati? Ma anche a voler ignorare il profilo regolamentare e reputazionale (a cui le banche stanno molto attente), ne varrebbe la pena? Si tratta di pagare due volte i costi del trasferimento immobiliare, oltre alle imposte sulla plusvalenza senza contare i rilevanti oneri operativi legati alla valutazione e commercializzazione di tanti immobili di piccolo taglio. Fuori dalla fantasia di qualche complottista questa ipotesi è estremamente improbabile oltre che difficilmente conveniente.

Che fine fa la par condicio creditorum, se il debitore aveva altri debiti perché la casa deve prenderla la banca? Posto che il credito della banca era normalmente garantito da ipoteca di primo grado la situazione per gli altri creditori non cambia: se la capienza non c’è perché il bene non vale non avrebbero preso niente comunque. Se la capienza c’è, la differenza viene trasferita al proprietario originario e diventa quindi aggredibile dagli altri creditori.

Questo fa aumentare il valore di mercato delle sofferenze? Qualora il provvedimento fosse retroattivo (come era nelle intenzioni iniziali del governo) sì perché i flussi di cassa attesi aumentano e arrivano prima. E’ tuttavia estremamente improbabile (e sembrerebbe al momento escluso) che si possa attribuire a questo provvedimento una valenza retroattiva. Detto questo, per gli stessi motivi per cui il provvedimento sarebbe benefico per la collettività, una sua applicazione al passato costituirebbe un vantaggio per la maggiorparte della popolazione.

E se le banche incamerano il beneficio di questi provvedimenti senza trasmetterlo alla collettività? Allora il beneficio principale per la collettività deriva dalla riduzione delle distorsioni del sistema (tribunali meno affollati, possibilità di recuperare un credito in un tempo più breve, etc.) quindi non è materialmente possibile che le banche se ne approprino. Più in generale un istituto di credito non è un individuo avido o malvagio ma un’organizzazione complessa soggetta a regolamentazioni molto invasive: se si ritrova più soldi da prestare (perché recupera prima i crediti o perché deve accantonare meno per possibili perdite) possiamo attenderci che cerchi di impiegarli, non confidando sul loro buon cuore, quanto piuttosto sulla loro avidità. 

Per quanto sia umanamente più facile immedesimarsi nel povero disgraziato che perde casa, provando ad analizzare la questione con un minimo di buon senso e obbiettività, si può concludere che accelerare le procedure di recupero crediti costituisce un beneficio per la maggioranza della popolazione.

@MassimoFamularo

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