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(Public Policy - stradeonline.it) Roma, 21 Ott- La discussione sulla nuova “digital tax” è stata talmente intensa che nessuno si è ricordato che il governo Renzi una digital tax l’ha già messa, o meglio, ha raddoppiato una digital tax esistente. Stiamo parlando della cosiddetta “copia privata”, il tributo che i consumatori sono costretti a pagare alla Siae sull’acquisto di un qualunque dispositivo di memoria per la possibilità di copiare opere protette da diritto d’autore.

Ogni consumatore paga fino a 5,20 euro su smartphone, tablet e computer, fino a 20 euro sugli hard disk, fino a 9 euro sulle chiavette Usb, fino a 5 euro sulle schede e così via per tutti gli altri supporti di memoria. Si tratta quindi di una tassa preventiva o presuntiva che porta a conseguenze paradossali: chi non usa smartphone, pc o pen drive per copiare canzoni, ma per memorizzare i propri ricordi, si trova a pagare i diritti d’autore a Gigi D’Alessio e a Fiorella Mannoia sui video con gli amici o sulle foto con la fidanzata.

L’adeguamento imposto da Franceschini (la tassa era stata creata da Sandro Bondi) non è stato di poco conto: secondo il bilancio preventivo 2015 della Siae (che ha il compito di redistribuire il gettito agli iscritti) nelle proprie casse pioveranno oltre 50 milioni di euro in più: un incremento del 75% visto che si passa dai 67,1 milioni del 2014 ai 117,5 di quest’anno. Una cifra enorme, soprattutto se paragonata ai numeri di altri paesi. Spulciando i dati della Cisac – la confederazione mondiale delle società di gestione dei diritti d’autore che include anche la nostra Siae – nel 2013 la raccolta globale per la “copia privata” era di 237milioni e solo la Siae incassava 67milioni. Questo vuol dire che circa il 28 per cento della raccolta mondiale ricadeva sui consumatori italiani. Con l’aumento richiesto dalla Siae e concesso dal governo la “copia privata” italiana rispetto ai dati del 2013 varrà circa il 40 per cento della raccolta di tutto il mondo. In pratica vuol dire che per ogni euro raccolto nel mondo per i compensi per copia privata, 40 centesimi sono pagati dai consumatori italiani.

Ma le cose stanno andando molto peggio (o meglio, dipende dal punto di vista): secondo il rendiconto di gestione della Siae la raccolta per la copia privata è stata di 78 milioni, circa 11 milioni più dei 67,1 previsti, il 16% in più. Naturalmente il bilancio del 2014 beneficia solo in parte dell’aumento, perché le tariffe sono state ritoccate verso l’alto solo a partire da luglio. E le cose quasi certamente andranno meglio (o peggio) del previsto anche nel 2015 dato che come ha rilevato Dday “Siae, secondo i dati che la Società stessa ci ha rivelato, ha già messo a segno incassi sul fronte copia privata per ben 80 milioni di euro nel periodo gennaio-luglio 2015, con una media, quindi, di quasi 11,5 milioni al mese”. Se si proietta quindi questa media sui restanti mesi dell’anno il totale di “copia privata” pagato dai consumatori dovrebbe attestarsi tra i 130 e i 140 milioni di euro, il doppio rispetto al regime pre-adeguamento e addirittura il 25% in più di quanto preventivato dalla stessa Siae dopo l’aumento deciso dal governo.

E tutto questo avviene in un periodo di forti mutamenti tecnologici nel mercato, si pensi a come sta evolvendo il modo di ascoltare musica con l’abbandono del download e l’esplosione dello streaming con servizi come Spotify (su cui si pagano già i diritti d’autore) oppure con il prossimo arrivo di Netflix per quanto riguarda il cinema e la tv. Accade così che mentre le persone fanno sempre meno “copie private” il gettito dell’imposta sulla copia privata raddoppia! Complimenti al governo, complimenti alla Siae: massimo risultato col minimo sforzo. @strade_magazine

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