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Negli Stati Uniti, in Germania, nel Regno Unito, in Austria e in tanti altri paesi europei non ci sono limiti di legge contro l’uso del contante. Ciò non vuol dire che quelle economie usino più contante di altre, è semmai vero il contrario. E’ il mercato finanziario, cioè la convenienza per i consumatori, i produttori e i commercianti a favorire un ricorso massiccio agli strumenti di pagamento elettronici. Dovunque, è chiaro, grandi movimentazioni di contante sono disincentivate e inevitabilmente considerate sospette dalle autorità vigilanti. Così che difficilmente potremmo andare in un concessionario di automobili di New York a comprare in contanti un’automobile, sarà lo stesso concessionario a non accettare quella formula di pagamento.

Detto questo, l’idea che per battere l’evasione fiscale e le attività illecite si debba di fatto proibire l’uso del contante - o limitarlo al modico importo di 1000 euro come attualmente in Italia e presto in Francia - è simile alla proposta di intercettare le telefonate di tutti i cittadini per contrastare il terrorismo. E’ un’illusione che danneggia solo gli onesti e lascia indisturbati i disonesti. L’artigiano che vuol lavorare in nero, lo fa comunque. Chi vuol fatturare una cifra inferiore al reale valore del lavoro svolto o della merce venduta, trova il modo di farlo. Chi vuol usare i contanti per pagare 2500 euro, può tranquillamente suddividere il pagamento in tre tranche. Un interessante studio pubblicato dalla Bundesbank sembra sfatare molti dei miti italici sulla famigerata lotta all’evasione: stime econometriche alla mano, i limiti al contante adottati in alcuni paesi europei hanno effettivamente disincentivato i consumi ma non hanno prodotto alcun risultato soddisfacente in termini di contrasto delle attività illecite e delle frodi fiscali. Ecco perché la decisione del governo Renzi di alzare da mille a tremila euro la soglia per l’utilizzo dei contanti è una scelta razionale.

Pure in un trend evidentemente calante, anche nei Paesi europei con un uso più massiccio di moneta elettronica, una quota maggioritaria delle transazioni avviene ancora in contanti: il 60 per cento in media; anche l’innovativo Regno Unito, nel 2012, si attestava al 54 per cento (secondo dati di Payments Council del 2013). Se si vuole diffondere il più possibile i pagamenti elettronici, questo va fatto con misure che stimolino la concorrenza degli istituti finanziari, non regalando alle banche una rendita di posizione. Paradossalmente, è l’assenza dei limiti al contante a poter esercitare una pressione competitiva per una maggiore reale diffusione della moneta elettronica.

Per l’Italia, tutto questo è ancor più vero. Nel Belpaese circa l’80 per cento delle transazioni avviene in contanti. Secondo le stime della Cgia di Mestre, circa il 29 per cento dei residenti italiani con più di 15 anni non ha nemmeno un conto corrente: 15 milioni di cittadini che vivono “in contanti”. Non sono evasori o reietti, sono persone normali, a cui il limite di spesa in contanti a 1000 euro ostacola banalmente le scelte di vita: persino un frigorifero o un mobile d’arredo può diventare complicato da acquistare. La percentuale di persone che non ha né un bancomat né una carta di credito, o che li ha ma li usa raramente, è ancora maggiore. Perché? Le ragioni sono tante e consolidate, a cominciare da una certa (e non ingiustificata) diffidenza per il sistema finanziario e bancario, passando per i costi palesi o nascosti che questo a vario titolo impone ai risparmiatori.

Un altro elemento cruciale, sempre più importante nella nostra epoca: il contante, che lo si usi o no, è una garanzia di libertà e di protezione delle proprie scelte personali. L’anonimato degli acquisti non è solo quello dell’evasore o di chi va a prostitute. E’ quello del malato che ha paura di essere profilato, ad esempio, di chi non vuole che le informazioni riguardanti i suoi orientamenti sessuali o religiosi entrino in questo o in quel database.