Strillone Giornali

Ogni tanto capita persino di essere d’accordo con il Movimento 5 Stelle, un fenomeno forse raro come la cometa di Halley, ma non impossibile.

Parliamo, in particolare, di due proposte di legge presentate dai grillini alla Camera, una per l’abolizione dei fondi pubblici all’editoria, l’altra per l’abolizione dell’Ordine dei Giornalisti. Entrambe le proposte sono ad altissima probabilità di bocciatura, perché in Italia il groviglio corporativo è sempre forte, ma diventa fortissimo quando si parla della stampa e dei media “tradizionali”.

Noi di Strade crediamo così fortemente nella libertà di espressione, nel mercato e nella responsabilità individuale, che abbiamo scelto di segnalare le due proposte ai nostri sparuti lettori. Le sosteniamo apertamente, dichiarando il nostro “conflitto di interesse”: in un mondo senza sussidi pubblici all’editoria le piccole esperienze corsare come Strade - completamente finanziate da fondi privati - goderebbero del vantaggio della competizione aperta e leale.

L'Ordine dei Giornalisti è un unicum italiano nel panorama dei grandi paesi europei, e nonostante questo l'Italia non vanta certo il giornalismo più "deontologicamente" corretto del mondo, anzi. Per le ragioni a favore della sua abolizione vi rimandiamo al lavoro pubblicato nel 2006 da Paolo Bracalini per l’Istituto Bruno Leoni. Lo spunto di quel focus erano le famigerate (e benedette) “lenzuolate”, le liberalizzazioni promosse da Pierluigi Bersani, ministro dell’Industria nel governo Prodi. Ne è passata di acqua e di politica sotto i ponti, ma il moloch dell’Ordine dei Giornalisti è ancora lì, più forte di prima (negli anni, sono stati persino aggiunti obblighi di formazione a carico degli iscritti, per dirne una).

La politica ha paura ad affrontare il tema e di riformare lo status quo, perché i politici hanno paura di inimicarsi la stampa. Deve essere per questo che le uniche proposte in questa direzione arrivano da un partito che l'amicizia della stampa non può perderla, perché non ce l'ha mai avuta. Ma così facendo, conservando lo status quo, si anestetizza il mercato dell’informazione da una salutare innovazione, si preclude la libertà e il diritto degli outsider di competere con gli insider, ci si illude di “proteggere” una professione che in realtà andrebbe lasciata alle dure ma eque regole del mercato. E’ una realtà misera e concreta, contro la quale non smetteremo di batterci.