"Il buon senso c'era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune". La celebre massima coniata da Manzoni continua ad essere una chiave affidabile per l'esplorazione e la comprensione della realtà italiana, in tutti i campi, ma soprattutto in quelli che riguardano scienza e innovazione.

Tralicci elettrici

Ne è un esempio perfetto la vicenda dell'elettrodotto Sorgente-Rizziconi, che collegherebbe, attraverso la Calabria e il mar Tirreno, la rete elettrica italiana a quella della Sicilia, sollevando almeno in parte quest'ultima dalla sua condizione di isolamento energetico e consentendo così di abbassare i costi di erogazione e distribuzione.

Le considerazioni dell'AGCM sul punto sono molto chiare:

"L'elettrodotto a 380 kV in doppia terna denominato "Sorgente-Rizziconi" è considerato come una opera di fondamentale importanza nella prospettiva della risoluzione delle criticità strutturali del sistema elettrico siciliano.
(...)
l'entrata in funzione dell'opera consentirà la completa interconnessione tra il mercato siciliano e quello del sud Italia, permettendo all'eccesso di capacità di generazione (sia rinnovabile, sia tradizionale) presente nelle zone peninsulari di poter transitare verso l'isola e, in tal modo, di poter competere con la capacità installata in Sicilia. Ciò avrà l'effetto di ridurre il potere di mercato degli operatori presenti nell'isola, consentendo la convergenza tra i prezzi siciliani e quelli continentali con un beneficio netto sui prezzi dell'energia pagati da tutti i consumatori italiani."

Dal punto di vista della sicurezza l'opera, secondo il rapporto dell'AGCM appena citato, rispetta tutte le norme vigenti; considerati i vantaggi economici e in termini di efficienza che la sua realizzazione potrebbe portare, il buon senso suggerirebbe di riconoscerne la necessità e incoraggiarne la messa in funzione.

Le cose, però, quando il senso comune si mette di mezzo, non possono essere così semplici: ecco dunque che l'associazione ambientalista Mediterranea per la Natura, assumendo come vigente un piano paesaggistico che è ancora da approvare in via definitiva, vede accolta dalla procura la sua denuncia anti-elettrodotto e ottiene (coi tempi della giustizia italiana, ossia due anni dopo) il sequestro di un tratto dell'opera, grazie anche alla Soprintendenza ai Beni culturali e ambientali di Messina che cambia parere in corsa, bloccando gli stessi lavori che in precedenza aveva approvato.

Il caso è emblematico dei danni che produce la filosofia del NIMBY estesa a qualunque aspetto della vita pubblica italiana: un elettrodotto che potrebbe contribuire in maniera decisiva ad ammodernare ed efficientare la rete elettrica siciliana, e quindi ad abbassare i costi dell'energia per milioni di contribuenti (non solo siciliani), viene bloccato dalle proteste di poche centinaia di persone, per di più per motivi eminentemente paesaggistici e non tecnici o di sicurezza. Peraltro, il blocco interviene nel momento peggiore possibile: quello in cui i soldi per realizzare l'opera sono già stati spesi, ma i vantaggi economici che la messa in funzione dell'opera stessa porterebbe non si possono contabilizzare.

La vicenda non è chiusa, ma nel frattempo resta l'amaro in bocca per l'ennesima occasione di modernizzazione e di risparmio persa, almeno per il momento, in favore di un immobilismo che giova soltanto a chi lucra sull'inefficienza. Come nella miglior tradizione italiana, d'altronde.