logo editorialeLa Francia ha stabilito unilateralmente che derogherà ai vincoli europei di bilancio fino al 2017. Dopo questa decisione diventa più incerta la partita sulle politiche di bilancio nazionali che si sta giocando a Bruxelles e dalla quale dipende anche l'impostazione della prossima legge di stabilità italiana; dopo questa decisione, in prospettiva, si apriranno nuove crepe nell'assetto dell'unione monetaria.

Nell'immediato, al nostro governo conviene far passare la posizione francese come un avallo alla politica di bilancio italiana. Renzi è convinto che, dopo avere ingoiato il rospo di Hollande, Bruxelles ratificherà anche la nostra decisione di rinviare il pareggio strutturale, e non ci sanzionerà se quest'anno o il prossimo dovessimo sforare qualche decimo di punto sul deficit.

La decisione della Francia, tuttavia, rende più rischioso il gioco condotto dall'Italia. Prima puntavamo a giustificare la nostra deroga con la congiuntura economica e l'impegno a fare riforme strutturali. Adesso, invece, se Bruxelles si opporrà alla posizione francese, niente e nessuno ci risparmierà una procedura di infrazione per deficit eccessivo. Né la congiuntura sfavorevole, né la promessa di fare le riforme. Il nostro premier coltiva apertamente la speranza che il "fronte" dei paesi mediterranei prima o poi spingerà i tedeschi a mutare atteggiamento sui vincoli di bilancio. Difficilmente, però, la Germania si ammorbidirà nei confronti dei PIIGS.

Dopo l'affermazione dei partiti anti-euro, molti leader hanno assunto posizioni apertamente contrarie alle politiche rigoriste. Tra questi, appunto, Hollande, impegnato ad arginare l'avanzata della Le Pen, e Cameron, che deve difendersi dall'UKIP di Farage. Da questa congiuntura politica il fronte anti-austerità potrebbe uscire più forte e unito di quanto non sia stato finora, ma ho l'impressione che in ogni caso non sarà in grado di conseguire nessun risultato apprezzabile. Anzi, in prospettiva, è probabile che la spaccatura esistente fra i paesi mediterranei e la Germania si allargherà ulteriormente.

La cancelliera Merkel, invece di ammorbidirsi, avrà interesse a mostrarsi ancora più intransigente sul mantenimento degli attuali vincoli di bilancio. Anche lei agisce per una ragione analoga a quella di Francia e Regno Unito: vincere le resistenze degli euro-scettici tedeschi. È noto che in Germania l'AfD (Alternativa per la Germania), il principale partito anti-euro (i cui consensi superano ormai il 10 per cento), chiede l'esclusione dei paesi mediterranei dall'unione monetaria. Auspica, cioè, la fine dell'attuale moneta unica e la creazione di un'area euro "a due velocità". Secondo questo disegno, solo i paesi continentali stabili e disciplinati, Germania in primis, sarebbero ammessi dentro la nuova moneta unica. I paesi mediterranei dovrebbero ancorare le proprie valute al "nuovo euro" attraverso un meccanismo che ricorda il vecchio serpente monetario. È chiaro che per arginare i consensi verso questo disegno e salvare l'attuale assetto dell'euro, la cancelliera può solo mostrarsi ferma e intransigente sull'austerity, e convincere i tedeschi che non dovranno pagare di tasca propria l'indisciplina fiscale mediterranea.

L'unione monetaria in questo momento vive una contraddizione interna apparentemente insanabile. Da un lato i leader dei PIIGS, nell'intento di difendere l'euro e garantire la permanenza dei propri paesi dentro la moneta unica, chiedono la sospensione o l'abbandono dell'austerità. Dall'altro la cancelliera Merkel, impegnata anch'essa a garantire il medesimo obiettivo, la sopravvivenza dell'euro, è costretta a non cedere terreno e ad andare in direzione contraria a quella di Hollande, Cameron e Renzi.

Le posizioni dei due schieramenti sono destinate a rimanere diametralmente opposte. Nelle attuali condizioni politiche è da escludere un cambiamento significativo di rotta della politica di bilancio europea. È molto più probabile il perdurare della situazione attuale. Un sostanziale stallo, nel quale le deroghe unilaterali ai vincoli di bilancio, come quella della Francia, rischiano solo di risultare dannose.

La condizione economica e dei conti pubblici europei, infatti, continua a deteriorarsi. È la terza volta in sei anni, ormai, che la Francia rinuncia a riportare il disavanzo sotto il 3 per cento. Secondo le previsioni, quest'anno il deficit pubblico francese dovrebbe mantenersi al 4,3% del PIL. Il target del 3 per cento è slittato di ben tre anni e il pareggio di bilancio strutturale non verrà conseguito prima del 2019. Questa scelta si rifletterà negativamente sul debito pubblico. Il rapporto debito/PIL quest'anno è attestato a oltre il 95 per cento, nei prossimi due anni si avvicinerà alla soglia del 100 per cento, e potrebbe facilmente superarla nel 2017. In poche parole, se dovessero perdurare le attuali condizioni di ristagno dell'economia, il peggioramento dei conti pubblici in Francia diverrebbe presto irreversibile. La Francia, così, prenderebbe posto a pieno titolo tra i paesi mediterranei, indisciplinati e spendaccioni.

Ciò era apparso abbastanza evidente già sotto la presidenza di Sarkozy, quando il debito pubblico francese perse il rating "tripla A". Ma tutto cominciò ancor prima, con la deroga al patto di stabilità avvenuta tra il 2003 e il 2004. In quella fase Germania e Francia decisero entrambe di sforare il parametro europeo. Tuttavia, mentre la Germania approfittò della maggiore flessibilità di bilancio per implementare le riforme strutturali e rendere meno dolorosa la fase di transizione per l'economia, la Francia, invece, sforò e basta, senza fare nessuna riforma apprezzabile. Nessuno può garantire che questa volta andrà diversamente.

La Francia è sicuramente un partner importante, e la decisione di derogare ai vincoli di bilancio avrà sicuramente un certo peso. Il suo schieramento a fianco dei PIIGS, però, potrebbe trasformare l'intero "fronte mediterraneo" nella zavorra europea. A quel punto, non resterebbe che rivedere l'assetto dell'unione monetaria e rassegnarsi al nuovo euro "a due velocità".

 

@amedpan

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