logo editorialeIn un interessante articolo sul Sole 24 Ore, Roberto Perotti invitava ieri il premier Matteo Renzi a porsi una domanda: "supponiamo che non esistano il Trattato di Maastricht, il Patto di stabilità e crescita, il Six e il Two-pack, il Fiscal Compact: che cosa vorrei fare per l'Italia nei prossimi tre anni?".

I vincoli europei sono una convenzione: non c'è una concreta differenza tra un rapporto deficit/Pil del 2,9% e il 3,1%. Dalla semplice e asettica lettura dei parametri europei, non si capirebbe ad esempio perché l'Italia, pur avendo un rapporto deficit/Pil molto migliore di quello della Francia, sia considerata una realtà più a rischio dei transalpini. In effetti, lo stato di salute di un'economia e delle finanze pubbliche di un paese dipende da una molteplicità di fattori, non facilmente isolabili, né aventi solo natura macroeconomica. Allo stesso modo, l'entità di un debito pubblico non offre in sè alcuna informazione sulla sua solvibilità. Come segnala lo stesso Perotti, peraltro, le regole europee hanno un apparato sanzionatorio limitato, che assicura ampi margini di ravvedimento ai paesi inadempienti e la cui applicazione è comunque soggetta ad una decisione politica non scontata.

Ma se pure le regole europee non esistessero, la politica economica italiana non avrebbe margini di manovra molto maggiori, perché le reazioni degli investitori sui mercati finanziari non tarderebbero a farsi sentire, nel caso in cui si percepisse un aumento del rischio di solvibilità presente o futura del debito pubblico italiano. Insomma, Fiscal Compact sì o no, l'Italia non può sfuggire al suo destino: proseguire lungo il percorso e faticoso cammino di responsabilità fiscale intrapreso da tre anni a questa parte. Se vuoi ridurre le tasse (e va fatto!), devi ridurre la spesa pubblica. Se vuoi investire nell'ammodernamento infrastrutturale del Paese o in ricerca e sviluppo, puoi anche sperare che Bruxelles scomputi tali investimenti dal calcolo del rapporto deficit-Pil, ma devi pur sempre reperire le risorse necessarie.

Flessibili o non flessibili, le regole europee non aggiungono e non tolgono molto alla realtà e alle responsabilità di uno stato sovrano altamente indebitato, con un livello insostenibile di tassazione e una pubblica amministrazione elefantiaca e inefficiente. Siamo sempre allo stesso punto: non esistono bacchette magiche, né pranzi gratis, né salvatori esterni. Esiste il piano – faticoso e adulto – del governo reale.

@piercamillo

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