In Italia c’è spesso una palese sproporzione tra la gravità dei problemi politici e la serietà delle soluzioni che per essi il legislatore appresta. I temi elettoralmente più sensibili sono ovviamente quelli in cui i politici più inclinano ad avere cura dell’effetto di consenso e non di quello, per così dire, di governo. E dunque privilegiano, a destra come a sinistra, leggi “esemplari”.

La Bossi-Fini e le norme in tema d’immigrazione del cosiddetto pacchetto-sicurezza 2009 hanno i limiti strutturali, cioè funzionali e i difetti sovrastrutturali, cioè ideologici, dell’esemplarità. Come tutte le leggi-manifesto, anche quella sull’immigrazione presuppone alternative manichee ed esclude valutazioni relative, in positivo, come in negativo. Il risultato è che mentre un pezzo di Italia oggi addebita, del tutto irrazionalmente, alla Bossi-Fini la strage di Lampedusa e perfino i ritardi nei soccorsi ai superstiti, un altro pezzo difende come un valore non negoziabile il reato d’immigrazione clandestina, come se ne fosse conseguita una regolamentazione più efficiente dei flussi e non invece l’ulteriore appesantimento di un sistema penale di suo patologicamente appesantito. La Bossi-Fini (con annessi e connessi) è così diventata a sinistra una legge-vergogna, malgrado la sua evidente parentela e somiglianza (in peggio) con la Turco-Napolitano. E a destra è stata al contrario monumentalizzata, diventando una sorta di articolo 18 del berlusconismo di governo, la sacra trincea del “vero” centro-destra.

Sull’immigrazione da oltre un decennio l’Italia proietta le comprensibili angosce di un paese demograficamente fragile e economicamente declinante, a cui il centro-destra ha prestato il rifugio del nazionalismo autarchico e del conformismo identitario e la sinistra offerto il rimedio di un multiculturalismo irenico e ingenuamente ottimistico. Non c’è da stupirsi che tra le ricette sbagliate abbia prevalso quella più difensiva. Né c’è da stupirsi che Grillo abbia in fretta e furia riposizionato il suo movimento dal lato “giusto”, quello in cui i voti si prendono e non si perdono. E purtroppo non c’è neppure da stupirsi che la discussione sulla coerenza e l’efficienza delle norme sull’immigrazione rimanga intrappolata nella retorica propagandistica e nella falsa alternativa tra “porte tutte aperte” e “porte tutte chiuse”.

 

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