papa retro

Papa Bergoglio è un figlio di immigrati italiani in Argentina, un involontario testimone di quella proto-storia post-nazionale che la Chiesa, senza neppure accorgersene, ha incarnato più di qualunque altra istituzione planetaria, ibridando universalismo religioso e globalismo socio-demografico.

La Chiesa e la tradizione cristiana – cioè la coperta di Linus che gli alfieri della resistenza all’invasione cosiddetta straniera si trascinano appresso impolverata e ciancicata da un uso assurdamente simbolico e difensivo – sono oggi e sempre più saranno domani un affare dei poveri del mondo, dei migranti, dei perseguitati, delle minoranze oppresse, e la Croce, più di uno strumento di difesa del potere, uno strumento di resistenza e di sfida dei senza potere.

La Chiesa è di Bergoglio non solo perché così ha deciso lo Spirito Santo, per chi ci crede, ma perché questo risponde a un’obiettiva esigenza “di mercato” in un mondo in un cui i cristiani crescono più nel Sud che nel Nord del pianeta – a ritmi rinforzati anche rispetto alla dinamica demografica – e le istanze del popolo cristiano non sono più dettate dai doveri, ma dai bisogni, non dalle ragioni della fede, ma dalle urgenze della vita cristiana e l’istituzione è tornata a farsi pericolosamente prossima – ovunque, anche a San Pietro – alle urgenze dei suoi affamati e disperati figli.

A Natale Bergoglio ha confermato i pregiudizi e acceso gli entusiasmi di chi in questa Chiesa “diversa” vede un pericolo o una salvezza. Ma Bergoglio non è un rivoluzionario, meno che mai sul piano dottrinario. È semplicemente uno dei segni – ovviamente dei più eloquenti - dei tempi nuovi della cattolicità universale.

Il tentativo di interpretare ideologicamente il suo Pontificato – il suo populismo, il suo terzomondismo, il suo pacifismo… – sconta il limite di una lettura troppo esterna e distante dalle urgenze di quel miliardo e più di cristiani che affidano la propria rappresentanza esistenziale, e non solo religiosa, al vescovo di Roma.

Proprio al Papa anti-intellettuale e anti-conformista, succeduto all’algido Benedetto XVI sul soglio di Pietro, si deve forse l’interpretazione più rigidamente ecclesiale del ruolo del Pontefice, molto meno “politica” di quella di Giovanni Paolo II, e decisamente meno “culturale” di quella del suo predecessore.

Dove la Chiesa è più viva, dove sono più vive le conversioni e le vocazioni, non c’è nessuna tradizione cristiana e il Vangelo è stata l’arma dei conquistatori o degli evangelizzatori, per diventare lo scudo e il conforto dei perdenti e dei diseredati. Il proselitismo cristiano è enormemente più forte e potente della cosiddetta identità cristiana. La Chiesa è sempre più un ricettacolo di insidie, di differenze e di estraneità verso il vecchio mondo euro-occidentale. Dovrebbero, peraltro, tenerne conto anche quelli che sperano ingenuamente che la Chiesa “terzomondiale” di Bergoglio inauguri la stagione di un cattolicesimo progressista in senso illuministico. Volesse il cielo, ma non sarà così.

Però Bergoglio è irresitibile non solo perché è scaltro, simpatico, carismatico e potente nella sua esibizione di impotenza e di tenerezza, di amore arreso ai morti e ai feriti di quell’enorme ospedale da campo che egli ha voluto fosse la Chiesa. Bergoglio è forte e da molti punti di vista “invincibile” perché oggi la Chiesa è davvero la sua Chiesa, perché gli somiglia, perché ha i suoi riflessi, le sue paure, le sue urgenze e le sue speranze non di gesuita callido, ma di immigrato italiano d’Argentina, chiamato a ripartire e a far ripartire la Chiesa dal fondo della sua storia – “dalla fine del mondo” come disse affacciandosi da San Pietro e dicendo “buonasera”, quando annunciò al mondo di chiamarsi Francesco.

Che piaccia o dispiaccia Francesco, sarebbe importante capirne il fenomeno, prima di maledirne o di benedirne la figura.

@carmelopalma