Pistola spara

Era davvero necessario intervenire modificando le norme in tema di legittima difesa? La ragionevolezza direbbe di no, perché la legge italiana, in modo analogo a quanto previsto dagli altri paesi europei, disciplina in modo equilibrato la situazione, del tutto particolare, che si viene a creare quando una persona si trova a dover fronteggiare un’aggressione senza avere la possibilità ed il tempo di rivolgersi alla forza pubblica a tutela della propria od altrui integrità.

Nel nostro Paese, dove la giustizia non è sempre giusta, si conoscono molti casi di errori giudiziari, anche macroscopici. Nessuno nota, tuttavia, che anche i più accesi sostenitori della “libertà di sparare a casa propria” non sono in grado di citare casi di condanne a carico di persone che si sono limitate a difendersi da una situazione di pericolo. Se esistono casi del genere, infatti, oltre ad essere rari, non sono dovuti a difetti dell’impianto della norma quanto alla difficoltà, ineliminabile nella valutazione dei casi umani, di analisi del contesto, vale a dire della concreta situazione in cui la persona ha dovuto affrontare un evento imprevisto quanto eccezionale.

Peraltro i numeri in termini assoluti del fenomeno sono nell’ordine di un centinaio di persone all’anno indagate per eccesso di difesa in un Paese di cinquantasei milioni di abitanti, segno che l’enfasi mediatica non corrisponde ad una emergenza effettiva. Nella stragrande maggioranza dei casi, infatti, le indagini si sono chiuse con l’archiviazione (tra queste il famoso benzinaio Stacchio, solo per citarne uno) e non con la condanna dell’aggredito per essere diventato aggressore.

Se passiamo, invece, dal campo della ragione a quello dell'emotività, è del tutto ovvio che qualsiasi persona (di sinistra, di centro, di destra o di nulla) provi empatia nei confronti dell’aggredito, percependo come ingiustizia nei confronti di quest’ultimo la semplice apertura di una indagine che ricostruisca la dinamica dell’episodio.

Se a questo si aggiunge l’enfasi mediatica per i fatti di microcriminalità con i quali i mediocri redattori dei talk show del pomeriggio riempiono i palinsesti, ecco che si comprende facilmente come lo slogan “la difesa è sempre legittima” sia di immediato impatto, anche in spregio alle statistiche che unanimemente parlano da anni di progressivo calo dei reati commessi con violenza.Ritornando alla razionalità, appare però chiaro che affermare che la difesa è sempre legittima quando si è a casa propria o nel proprio luogo di lavoro significherebbe impedire all’autorità giudiziaria di svolgere il lavoro di ricostruzione dei fatti.

La quotidianità della vita insegna anche a chi non frequenta i tribunali che i casi che si verificano non sono solo quelli classici dove è chiara la distinzione tra aggressore ed aggredito, tra malfattore ed onesto cittadino e che spesso c’è dell’altro oltre quello che appare. Accettando il principio della liceità di sparare a casa propria, davvero pensiamo che nessuno premediterebbe di attirare, anche con violenza e con l’inganno, il nemico in affari, il creditore, l’amante del partner (solo per citare alcuni dei possibili casi) all’interno della propria casa per eliminarlo fisicamente, salvo poi dichiarare di essere stato aggredito?

Gli esempi sono solo all’apparenza paradossali e sfido chiunque ad immaginare uno strumento alternativo all'indagine giudiziaria per ricostruire la verità dei fatti e le eventuali pregresse relazioni tra le persone coinvolte. Basterebbe questa semplice riflessione a suggerire a qualunque persona di buon senso di non fidarsi del solo criterio della proprietà per risolvere tutti i casi.

Del resto, se la legge parla di “difesa legittima” e non semplicemente di “difesa”, ciò significa che non è la difesa in sé a determinare la condizione di non punibilità, bensì solo quella legittima, che è tale solo se proporzionata al pericolo che si corre, perché difendere se stessi e gli altri è un diritto a patto che non si trasformi in un mero pretesto per diventare carnefici.

Per una volta sarebbe bastato un atteggiamento “nobilmente conservatore” della equilibrata disciplina vigente, che già ha registrato un intervento del legislatore nel 2006 per rendere esplicita la possibilità - nel rispetto del principio di proporzionalità – dell’uso delle armi per difendere la propria od altrui incolumità e i beni propri od altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione se il fatto avviene in un’abitazione o in un luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale.

Teniamo conto che il nostro sistema prevede anche la cosiddetta “legittima difesa putativa” laddove lo stato di pericolo attuale o di offesa ingiusta non esiste realmente, ma viene supposto da chi agisce sulla base di un errore scusabile nell’interpretazione dei fatti, determinato da una situazione oggettiva atta a far sorgere nel soggetto la ragionevole convinzione di trovarsi in presenza del pericolo attuale di un’offesa ingiusta.

È quindi del tutto incomprensibile la strategia adottata da Matteo Renzi e dal PD che si è tradotta nell’emendamento Ermini di parziale modifica degli articoli 52 e 59 del codice penale.Incomprensibile politicamente, perché è una strategia di allargamento dell’operatività della legittima difesa che insegue Salvini e la Lega sul terreno del securitarismo sostanzialista, strutturalmente allergico ai principi dello stato di diritto, che è una delle cifre dei sovranisti di tutta Europa.

Altrettanto incomprensibile sotto il profilo della tecnica giuridica: al di là delle ironie che si sono scatenate sui social network, l’inserimento dell’orario notturno accanto ai luoghi di abitazione e lavoro è perfettamente irrilevante (il codice penale usa il termine “ovvero” in senso disgiuntivo) e non determina, al contrario di quello che tutti oggi pensino, l’impossibilità di reagire legittimamente durante il giorno.

Così come è fuorviante, perché troppo legato ad una chiave di interpretazione soggettiva, il riferimento al “grave turbamento psichico causato dalla persona contro la quale è diretta la reazione” come criterio che escluderebbe, anche a titolo di colpa, la responsabilità di chi eccede nella difesa.

Le due innovazioni approvate dalla Camera (l’orario notturno e il grave turbamento psichico) verranno verosimilmente modificate in Senato dopo il diluvio di polemiche. Va detto che non avrebbero comportato cambiamenti epocali, tanto è vero che è difficile immaginare riflessi pratici in casi concreti.

Ciò non toglie che la vicenda della legittima difesa rappresenti un altro grosso scivolone nel metodo di approccio al tema del diritto penale per il messaggio di incoraggiamento agli armamenti privati in nome di un emergenzialismo che non trova riscontro nei fatti ma solo nella percezione distorta di essi, aizzando il “gentismo” di quelli che gareggiano in tv a chi urla più forte.

Non è la prima volta che il Parlamento, ed il PD in particolare, cede alle sirene della “giustizia percepita”: già all’epoca dell’approvazione delle nuove norme in tema di omicidio stradale avevamo segnalato su queste colonne il rischio di ottenere, grazie a norme mal scritte e poco meditate, risultati opposti alle dichiarate buone intenzioni, e siamo stati facili profeti segnalando il pericolo di aumento delle fughe senza prestare soccorso dopo gli incidenti.

Questo nuovo intervento appare, mutatis mutandis, muoversi sulla stessa linea, sulla scorta di una subalternità culturale agli istinti più superficiali della pubblica opinione, nell’illusione, destinata a rimanere inesorabilmente delusa, che, strizzando l’occhio e lisciando il pelo, si possano limitarne le deviazioni più retrive.