donneottomarzo

Mi chiedo che tipo di madri abbiano gli uomini che impongono alle donne salari più bassi, modelli pubblicitari degradanti, doveri domestici sbilanciati, ginecologi obiettori, e che usano la violenza per soggiogarle a sé. È possibile che le madri di quegli uomini siano a loro volta vittime. È invece certo che le madri di quegli uomini sono a loro volta donne.

Le donne non picchiano. Nessuno però è in grado di esercitare coercizione di genere maggiore di quanto non abbia il potere di fare una madre - ed è lei che imporrà alla figlia, volendo, le peggiori discriminazioni, gli ostacoli, le umiliazioni, i vincoli più “femministi”, nel senso di quelli condizionati proprio dall’essere femmina. E glieli imporrà alla nascita, nell’educazione, nel modello di sé.

Il dubbio è che nella rappresentazione del problema di genere ci sia in realtà un problema intra-genere.

Ci pensavo mentre le colleghe whatsappavano nella chat di lavoro che sarebbero arrivate tardi in ufficio per lo sciopero dei mezzi indetto contro la violenza sulle donne. La constatazione che l’autobus può permettersi di perderlo solo chi abitualmente non ha bisogno di prenderlo è persino troppo ovvia. Né nulla aggiunge osservare come astenersi dal fare acquisti, magari nel negozio di una donna, potrebbe non essere il modo più efficace di sostenerne l’indipendenza economica.

L’interrogativo che mi pongo, invano, è piuttosto da chi e da cosa ci dobbiamo proteggere, noi donne. Dagli stereotipi, le distorsioni funzionali, le paranoie, le pulsioni isteriche, le debolezze che noi stesse rilasciamo e noi stesse perpetuiamo? Non lo so.

Sul lavoro, il discrimine di genere intra-femminile arriva ad essere paradossale. Non c’è donna che non racconti almeno una esperienza terribile avuta con una capa donna - e che da allora si augura di non doverne avere mai più. E non c’è donna che non ponderi come elemento a forte rischio di conflittualità la composizione tutta femminile di un gruppo di lavoro. Questo tipo di ostacoli, limiti, discriminazioni sono intra-femminili, sebbene siano appunto “anti”.

Questo 8 marzo si chiama Lotto Marzo. Dalla celebrazione bucolica alla contestazione, dalla mimosa alla rappresaglia: in trincea contro la violenza sulle donne. Sguardo allargato però perché il cecchino può stare anche nelle retrovie.

@kuliscioff