Un libro racconta, tra luci e ombre, la grande avventura di Jeff Bezos, dalla crisi dei primi anni Duemila all’acquisizione del Washington Post. E mentre lui miete successi, Usa ed Europa lo sfidano a suon di tasse...

Odioso ma irresistibile, respingente ma carismatico, geniale ma a volte incredibilmente ottuso: è tutto un ossimoro il ritratto tratteggiato nelle pagine di "Vendere tutto: Jeff Bezos e l'era di Amazon" dal giornalista statunitense Brad Stone, che ha lavorato per Businessweek e altre testate di pari importanza.



Jeffrey Bezos, fondatore di Amazon.com, viene presentato come uno dei pochi uomini capaci di mettere in pratica le proprie idee rivoluzionarie e di farle funzionare, grazie a un non comune mix di aggressività, tenacia e "pensiero laterale": a metà anni '90, con la moglie e altri due collaboratori, creò la società e mise in piedi il primo rudimentale sito Internet. Scopo dichiarato, vendere libri via Web potendo contare su un assortimento più vasto di qualunque libreria; scopo ancora sottinteso, ma già chiaro nella mente del vulcanico CEO, "vendere tutto", qualunque categoria merceologica possibile, a prezzi più bassi di tutti gli altri. Un "everything store", un negozio di qualsiasi cosa, aperto ventiquattr'ore al giorno, che spedisce tutto e ovunque: idea ambiziosissima, ma che Bezos ha saputo portare avanti senza mai deflettere dall'obiettivo.



Il crollo della new economy agli inizi degli anni Duemila, insieme a una politica piuttosto dissennata di acquisizioni di piccole aziende, portò Amazon vicina al tracollo, previsto all'epoca dall'economista Ravi Suria; l'azienda di Bezos, però, riuscì a superare brillantemente gli ostacoli e a riprendere la sua corsa trionfale. Chi si aspettava la sua caduta sul terreno della Borsa sbagliava: Amazon, dopo qualche anno di difficoltà, è tornata a staccare dividendi sostanziosi e a macinare profitti, subito reinvestiti in nuovi progetti (uno su tutti, il Kindle, che ha rivoluzionato profondamente il mercato dei libri).



Al di là dei singoli progetti, la vera "rivoluzione copernicana" che il CEO di Amazon ha portato nel mondo del commercio è stata, secondo Stone, quella di rivolgere l'attenzione non alla concorrenza, ma al cliente. I prezzi bassi sono un caposaldo della filosofia di Bezos, che è arrivato a rotture anche traumatiche con molti partner commerciali, nel momento in cui si dimostravano poco disponibili a diminuire i propri margini di profitto e chiedevano di mantenere dei prezzi standard fissi per i loro prodotti.



Prime, il servizio che offre spedizioni veloci illimitate per un anno, in cambio di un pagamento "una tantum", fa sentire importante ogni cliente e gli rende più facile fare acquisti, che vanno a incrementare i guadagni dell'azienda. "Perché dovrei comprare un prodotto da un'altra parte? Tanto, per la spedizione ho già pagato e fra due giorni mi arriva direttamente a casa, e costa anche meno che nei negozi": ecco il ragionamento tipico del cliente Prime. Quel che esce dalla porta rientra dalla finestra: Amazon ci perde sul costo effettivo delle spedizioni, ma recupera grazie alle commissioni sulla merce venduta.



Acquistando sempre più potere come intermediario, Amazon ha contribuito a far abbassare i prezzi al consumo di tutti i generi merceologici che vende. Naturalmente, dato che ogni medaglia ha il suo rovescio, questo ha significato, nel corso degli anni, far fallire molte catene di librerie, molti rivenditori di giocattoli al dettaglio, molti negozi di abbigliamento e così via. I vantaggi complessivi portati ai consumatori da questo colosso della vendita online, peraltro, superano di molto i disagi dei "terremoti" provocati su ogni mercato in cui Amazon si sia messa a operare.



Non mancano le controversie sui "lati oscuri dell'azienda": la leggendaria durezza con cui vengono trattati dipendenti e dirigenti e le basse retribuzioni non fanno certo parte del quadro di un posto di lavoro ideale. Nei Fulfillment Center di Amazon (i magazzini da cui le merci vengono spedite), fin quando l'azienda non è stata condannata in tribunale, mancavano riscaldamenti e aria condizionata, costringendo gli operai a lavorare in condizioni definite "disumane". Molti ex dirigenti, alcuni in Amazon fin dalla fondazione, lamentano di essere stati esclusi dalle proprie funzioni praticamente da un giorno all'altro, altri parlano della loro esperienza con Jeff Bezos come della peggiore della propria vita.



Altra polemica che recentemente ha impegnato gli addetti ai lavori e l'ufficio legale dell'azienda, quella sul formato proprietario usato da Amazon per gli ebook da acquistare per il Kindle: in pratica, un ebook non è mai del tutto di chi lo acquista, ma viene concesso in una sorta di "comodato d'uso". L'azienda può, in qualunque momento e a suo insindacabile giudizio, chiudere l'account di un cliente e togliergli così tutti gli ebook acquistati. Questa drastica "soluzione" è stata adottata solo in pochissimi casi, ma ciò non toglie che le proteste siano state moltissime, e abbiano molto nociuto all'immagine di Amazon come ditta attenta al cliente e amica dell'open source. Gli editori statunitensi, dal canto loro, si sono uniti in una sorta di "cartello" per impedire all'azienda di scontare troppo gli ebook e far loro perdere buona parte dei profitti.



Nonostante tutto, però, il successo del "modello-Amazon" è innegabile. La tenacia di Bezos nel traghettare l'azienda fuori dalla crisi delle dot-com e dai suoi guai legali dimostra che non può essere solo fortuna quella che ha portato una ditta quasi "artigianale", dove, per risparmiare, i piani delle scrivanie erano fatti con le porte, a diventare una delle più grandi compagnie del mondo, con un fatturato che fa impallidire Apple e Google. Il segreto, fa intuire Stone, è la tenuta sulla distanza, unita alla capacità di pensare a lungo termine: virtù che, viene adombrato nel libro, Bezos può aver appreso dalla sua vita col padre adottivo, un cubano arrivato come profugo negli USA, riuscito a diventare benestante e a costruirsi una famiglia felice grazie alla sua inesausta voglia di lavorare e alla sua fiducia nel futuro. Ma – insinua Stone - anche dal padre naturale, un acrobata su monociclo, il fondatore di Amazon potrebbe aver preso qualcosa: se non altro, la sua capacità di stare sempre in equilibrio tra tempeste economiche e legali che avrebbero abbattuto chiunque altro.



Stone si sofferma anche sui "side-project" di Bezos, soprattutto su un'agenzia di esplorazioni spaziali a cui il CEO di Amazon si dedica da almeno una decina d'anni, quasi in segreto: il volo interplanetario è stato sempre un obiettivo del poliedrico imprenditore, non ancora cinquantenne, che si è creato questo costosissimo "giocattolo" per poter vivere il suo sogno come piace a lui. Altro colpo messo a segno da Bezos, l'acquisto del Washington Post, tra agosto e ottobre 2013: un segnale molto ben preciso, che sembra voler dire "Se non piaccio alla stampa, ebbene, diventerò io la stampa".



Già, perché Jeff Bezos, a differenza di Steve Jobs o Bill Gates, non è mai stato più di tanto idolatrato o condannato dai media: è arrivato dov'è più o meno tra l'indifferenza generale, spingendo sempre avanti il suo prodotto e restando, forse intenzionalmente, in secondo piano. Di lui si sa che ha un QI e un caratteraccio da genio, che non è mai contento dei risultati raggiunti, che la sua risata è molto sonora e molto imbarazzante, che costruiva i tavoli con le porte e pochissimo altro. Il libro di Brad Stone contribuisce a far luce su una figura forse non simpatica, né in grado di pronunciare discorsi particolarmente ispirati, ma sicuramente molto "americana", sia nel senso buono che in quello cattivo del termine.



Quest'uomo che non si ferma davanti a nulla, però, ha dovuto chinare la testa davanti all'incubo di ogni cittadino americano: le tasse. La strategia di elusione fiscale portata avanti da Amazon per quasi due decenni, e "sopportata" dal governo federale USA in nome della creazione di nuovi posti di lavoro, è oggi vicina al crollo. La crisi morde, i soldi vanno recuperati in ogni modo: a nulla più serve aver mantenuto il quartier generale nella grigia e sperduta Seattle, ora Amazon deve pagare le tasse in ogni Stato in cui vende.



Anche in Europa, soprattutto in Italia, si parla di tasse "anti-Amazon": come se, a scoraggiarlo, non bastasse il "regalino" del tetto agli sconti sui libri (approvato, guarda la coincidenza, quasi in concomitanza con l'ingresso del gigante americano nel mercato italiano), come se non fosse sufficiente l'incapacità quasi genetica di Poste e corrieri espresso a consegnare la merce intatta e nei tempi stabiliti, adesso si parla di una norma che, se approvata, costringerebbe l'"everything store" ad aprire partita IVA in Italia, pagando le conseguenti tasse, per poter continuare a vendere la propria merce. La norma toccherebbe da vicino anche Google e gli altri colossi del web. Ci tocca sperare, pensate un po', nell'Europa. Gli esperti si dicono infatti sicuri che la norma verrà bocciata a Strasburgo per manifesta inapplicabilità (immaginiamo cosa succederebbe se chiunque volesse vendere qualcosa in Italia dovesse aprirsi partita IVA qui, presentandosi, naturalmente di persona e con marche da bollo, alla Camera di Commercio di... Roma? Milano? Torino? Ce lo spiegherà l'on. Boccia, relatore del provvedimento), ma chissà quanto dovremo aspettare, e chissà se nel frattempo Amazon non deciderà, davanti a una simile "cortina di ferro", di ritirare dal nostro Paese i suoi investimenti.



Dal canto suo, la Francia approva una vera e propria legge anti-Amazon per cui non si potranno cumulare sconti e spese di spedizione gratuite. "Così salveremo le piccole librerie", cinguetta felice il ministro Aurélie Filippetti. Così, per "salvare" dal mercato brutto e cattivo qualche migliaio di librai, faremo pagare di più i libri a tutti i cittadini: questo avrebbe dovuto dire in realtà la Filippetti, se avesse voluto praticare un minimo di onestà intellettuale.

Anziché abbassare le tasse per tutti, i nostri governi cercano di alzarle per le uniche imprese che, in tempo di crisi, possono portare un minimo di innovazione; anziché gioire della riduzione generale dei prezzi prodotta da un regime di concorrenza, giocano al rialzo rendendo la concorrenza impossibile.



Sarà mica questa la ragione per cui Amazon è nata negli USA, e solo negli USA sarebbe potuta nascere? Sospettiamo di sì. Per una conferma, forse dovremmo chiedere all'onorevole Boccia sopra citato, oppure all'onorevole Levi, che ha dato il suo nome alla legge mercaticida del tetto agli sconti sui libri, oppure al ministro francese Filippetti, sempre se non sono ancora stati introdotti dazi sulle dichiarazioni che superano i confini nazionali.

Ci informano, però, che la domanda, autenticata da un collegio di minimo tre notai, va inviata per raccomandata (rigorosamente cartacea), solo nei giorni di luna calante, con annessi francobolli per la risposta, marca da bollo da 14,62 euro e un etto di granturco per il piccione viaggiatore. Se fossimo negli USA, almeno il granturco lo potremmo comprare su Amazon, per risparmiare. Quando si dice il destino sfortunato, signora mia.