san bernardino

C'è un detto e c'è un non detto nella lettera che l'amministratore della Apple Tim Cook ha inviato ai clienti della sua compagnia per spiegare le ragioni per cui Apple si rifiuta di ottemperare all'ordine di un giudice di creare e fornire all'FBI un software per decriptare i codici di sicurezza del telefono dei terroristi della strage di San Bernardino. Limitarsi al "detto" fa cadere nello stesso errore in cui è incorso Beppe Severgnini oggi sul Corriere della Sera, quando critica Cook di anteporre l'interesse dei "clienti" a quello dei "cittadini".

Ma questa distinzione ha davvero senso? Quando Cook parla del rischio che un tale software possa finire nelle "mani sbagliate", non si riferisce solo all'FBI o ad un giudice statunitense, ma a qualsiasi altra autorità pubblica del mondo, incluse quelle dei paesi meno liberi e democratici. Il "non detto" è questo, ed è quel che a nostro parere fa pendere la bilancia dalla parte dell'azienda di Cupertino. Chi critica la decisione della Apple, vuol credere che una “eccezione” non danneggerebbe significativamente la libertà e la sicurezza dei cittadini. In realtà, se la Apple annunciasse al mercato e al mondo di sapere e voler elaborare un sistema per eludere la sicurezza dei loro stessi apparecchi, qualche Stato in giro per il pianeta potrebbe pensare di condizionare la vendita di smartphone entro i propri confini alla messa a disposizione dell'autorità pubblica di quel tale software di decriptazione. Vale per l’azienda fondata da Steve Jobs come per qualsiasi altra compagnia, non solo di telefoni intelligenti peraltro. E poi, siamo davvero sicuri che quelle dell’FBI siano “mani sicure” per i cittadini del mondo? Il casus belli di questa vicenda è il terrorismo islamista, la qual cosa certamente rende più difficile la presa di posizione di Cook, ma bisogna avere la lucidità di guardare oltre il caso specifico ed estremo.

Quel che la magistratura americana ha chiesto ad Apple non è una novità, né lo è il rifiuto da parte della compagnia: da qualche tempo, Microsoft si rifiuta di fornire al Dipartimento di Giustizia americano l’accesso alle email conservate in centri dati esteri (nello specifico, in Irlanda). Se la società di Bill Gates cedesse, di fatto direbbe non solo ai propri clienti, ma a chiunque abbia comunicato per email con un cliente Microsoft, che da oggi in avanti le loro comunicazione possono entrare in possesso del governo americano dovunque esse si trovino.

E se il governo USA ritiene di avere il diritto di accedere a informazioni riguardanti compagnie americane, il governo cinese potrebbe ritenere di avere il diritto di entrare in possesso di qualsiasi comunicazione inviata o ricevuta da un cittadino cinese. Insomma, siamo sicuri che la decisione di Apple stia tutelando solo qualche cliente? A noi pare piuttosto il caso che, con nervi saldi, Stati Uniti, Unione Europea ed altri grandi paesi liberi si astengano dall’assumere decisioni e tentativi goffi di compressione della libertà e della riservatezza dei dati personali di ognuno di noi. Limitare la libertà e la sicurezza dei cittadini è d’altro canto l’obiettivo primario del terrorismo.