Ogni anno 25mila abusi edilizi planano sull’Italia. Ne ridisegnano il profilo, in un concorso di colpa nel quale i torti degli amministratori locali si mescolano a quelli dei contravventori. Una storia antica che si ripete con frequenza impressionante. Una criticità sclerotizzata alla quale si è regolarmente risposto con una soluzione peggiore del male iniziale: il condono. Nel buio, forse una finestra: ad Agrigento, il sindaco ha deciso di costituirsi parte civile nei confronti  di chi ha commesso degli abusi. Il motivo? Tutelare l’immagine della città.

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Il nostro resta “un Paese  a termine, dalla topografia provvisoria, che si regge su un avverbio: questa foresta non è ancora lottizzata, quel centro storico è ancora ben conservato, questo tratto di costa non è ancora cementificato”. Lo affermava Antonio Cederna, archeologo, urbanista, ambientalista, giornalista, soprattutto paladino anti-cemento. Su quell’avverbio si è dipanata la storia d’Italia. Progressivamente sottraendo spazi all’inedificato. Tenacemente puntando sull’anarchia nella pianificazione. Su un modello di governo nei Comuni senza sostanziali differenze.

E’ davvero sconvolgente come l’abusivismo edilizio sia diventato una delle forme più ricorrenti con le quali le architetture ingombrano tanti spazi. Nei centri urbani come nei loro territori. Come cellule malate si insinuano nel tessuto, per poi riprodursi, con modalità difformi. Senza prestare alcuna attenzione al contesto, all’incidenza del nuovo ingombro sui caratteri fisici e su quelli spaziali.  Un fenomeno, quello dell’illegalità urbanistica, diffuso perfino oltre il buonsenso. Non di rado alimentato da quegli stessi amministratori locali che, invece, dovrebbero combatterlo, nell’ottica della bonifica di molti spazi impropriamente occupati piuttosto che del libero saccheggio di interi pezzi di paesi e di città e, naturalmente, dei rispettivi territori. Il tema, se possibile, anche più pressante di quello che interessa il consumo di suolo scriteriato ma autorizzato da irragionevoli determinazioni. L’abusivismo edilizio è un fenomeno più capillare, ma anche più radicato.

“Io mi vanto di aver scritto cose che in una repubblica ben ordinata sono ovvie”, diceva, ancora,  Antonio Cederna. Questo il punto. Anche nel settore della pianificazione e del controllo delle città e dei territori si è costretti a registrare episodi, a sottolineare vicende, che solo in un Paese nel quale le regole costituiscono un flebile impedimento alla realizzazione di molte illegalità, possono essere possibili. La casistica è in continuo aggiornamento, anche grazie ad una fantasia in alcuni casi degna di miglior causa. A Roma si costruisce perfino a ridosso dell’Appia antica, all’interno delle Mura Aureliane. Non piccoli edifici, ma imponenti strutture dotate di piscina. Altrove lo si fa dovunque sia possibile. Nelle vicinanze dei corsi d’acqua, qualche volta addirittura in coincidenza. In aree evidentemente soggette a possibili eventi franosi, così come in aree nelle quali esistono vincoli di vario tipo. Al disopra e in immediata prossimità di monumenti antichi. Sempre, quasi sempre contando sul silenzio delle amministrazioni.

Proprio per questo suona come una voce fuori dal coro la scelta recente del Comune di Agrigento di adottare la linea dura con chi si rende responsabile di reati connessi all’abusivismo edilizio. A partire da ora si costituirà parte civile, chiedendo, in caso di condanna delle persone denunciate, anche il risarcimento dei danni subiti dall’immagine della città. Lo stesso Comune che è stato a lungo il simbolo dell’abusivismo edilizio, in particolare negli anni Ottanta e Novanta, sembra aver deciso di invertire la rotta.  Avviando le procedure per inserirsi nel procedimento penale a carico di due persone che avevano realizzato immobili senza essersi preventivamente munite delle necessarie concessioni edilizie e in netta difformità con queste ultime. 

La decisione di tutelare “l’immagine della città”  può costituire una strada, può risultare lo strumento attraverso il quale le amministrazioni, recuperando il ruolo di garanti della legalità, possono iniziare a ricostruire i centri urbani, gli spazi di cintura e quindi i territori comunali. E’ la presa d’atto che la città, non ostacolando gli abusi, contribuisca ad offuscare la sua immagine e a veder decrescere il sua appeal, un elemento tutt’altro che immateriale, dal momento che la realizzazione di un abuso, tanto più se moltiplicato all’infinito, incide a tutti gli effetti sulla sua forma e sulla sua fisicità.

Le aggiunte al corpo di fabbrica iniziale sono eventi frequenti, forse anche più di costruzioni ex-novo. E’ così dall’antichità romana. Ed infatti la legge delle XII tavole, oltre limitare l’altezza degli edifici, prescriveva un ambitus intorno a ogni casa. E numerosi sono i casi documentati di avanzamenti, addirittura ad invadere la sede stradale.

Le politiche urbanistiche fallimentari degli ultimi decenni hanno riempito le città di abusi di ogni tipo che hanno alterato il loro aspetto. Anche per questo il tentativo del comune di Agrigento va tenuto sott'occhio, e in buona considerazione.