La nuova legge elettorale è un quasi-Porcellum, che supera surrettiziamente la forma di governo parlamentare e non rispetta i requisiti di costituzionalità stabiliti dalla Corte? No, l'Italicum assicura la formazione di maggioranze di governo, senza distorsioni eccessive del sistema proporzionale e salvaguarda le garanzie costituzionali "contromaggioritarie" oggi previste dalla Carta.

Morrone Italicum sito

Due sono i nodi da sciogliere per rispondere alla domanda sulla legittimità della nuova legge elettorale (legge n. 52/2015). Secondo alcuni, l’Italicum (1) non solo non rispetterebbe la sentenza n. 1/2014, con la quale la Corte costituzionale ha annullato la “legge Calderoli”; (2) ma, letta “in filigrana” con la riforma costituzionale che supera il bicameralismo, finirebbe anche per modificare la forma di governo parlamentare in senso presidenziale. Queste obiezioni, a mio parere, non hanno fondamento, ma sono frutto di ideologia, spesso scambiata per scienza.

L’illegittimità della “legge Calderoli” dipendeva dalla rilevata alterazione della rappresentanza politica, determinata da una formula elettorale diretta a privilegiare in maniera “sproporzionata” l’obiettivo della stabilità di governo. Secondo la Corte costituzionale, il pur legittimo obiettivo di assicurare, attraverso un premio di maggioranza, un governo al Paese, veniva realizzato sacrificando la libertà di scelta del cittadino e l’eguale diritto dei partiti in competizione di ottenere una rappresentanza parlamentare.

La legge Calderoli era un’eccezione: prevedeva un sistema proporzionale, il cui risultato in termini di seggi assegnati ai partiti veniva corretto dall’attribuzione di un premio in seggi (pari al 54% dei componenti) alla coalizione (o alla lista) più votata. Questo premio era conferito senza soglia minima ed era diversamente distribuito nelle due camere (a livello nazionale nella Camera dei deputati, regione per regione al Senato). L’elettore poteva solo votare una lista, senza scegliere tra i candidati, e senza sapere chi, tra quelli inseriti nella lista bloccata, sarebbe stato effettivamente eletto (per effetto delle “pluricandidature”).

Il mix di queste previsioni ha portato al riconoscimento dell’illegittimità: 1) per mancanza di una soglia minima da raggiungere al fine di assegnare il premio di maggioranza, con conseguente rischio di alterazione del voto; 2) per l’irrazionalità di premi assegnati in maniera difforme nei due rami del Parlamento, rendendo casuale l’esito elettorale e, quindi, possibili due maggioranze opposte alla Camera e al Senato; 3) per violazione del diritto del cittadino di scegliere i propri rappresentanti.

La Corte costituzionale ha molto insistito sul principio di eguaglianza del voto: se il sistema elettorale è a base proporzionale, l’alterazione del risultato per mezzo di correttivi maggioritari non deve portare a risultati “sproporzionati” in termini di rappresentanza politica. La misura di questa sproporzione non è stata indicata: né la Corte avrebbe potuto farlo, trattandosi di una scelta politico-legislativa insindacabile, salvo, come nel caso della “legge Calderoli”, che si prefigurino esiti palesemente contraddittori con i principi della democrazia pluralistica.

Proprio con riferimento ai rilievi della Corte costituzionale l’Italicum si presenta significativamente differente. Il sistema vale solo per la Camera dei deputati (a partire dal 1° luglio 2016): per il Senato, infatti, varranno le regole conseguenti al superamento del bicameralismo eguale e perfetto, poiché, dopo la riforma costituzionale, il governo sarà responsabile solo verso la Camera bassa, mentre il Senato non sarà più eletto direttamente e, quindi, non darà la fiducia ma non potrà essere sciolto dal governo.

Il sistema elettorale è anche qui proporzionale con premio di maggioranza (54% dei seggi): questo premio sarà assegnato, però, alla lista che otterrà almeno il 40% dei suffragi o, se nessuno raggiungerà tale soglia, a quella, tra le due più votate al primo turno, che vincerà il ballottaggio in un secondo turno elettorale. Il correttivo maggioritario è collegato a una soglia minima, proprio come indicato nella sent. n. 1/2014.

È vero che l’Italicum lascia le liste bloccate: e su questo punto potrebbero porsi dubbi analoghi a quelli mossi contro la “legge Calderoli”. Occorre ricordare, tuttavia, che l’Italicum prevede l’elezione automatica solo per i capilista – che, almeno in linea teorica, dovrebbero essere espressione di leadership riconosciute e riconoscibili da parte degli elettori – perché è stata prevista la possibilità di esprimere fino a due preferenze, secondo lo schema della doppia preferenza di genere (l’elettore può esprimere una o due scelte, ma in quest’ultimo caso i candidati devono essere di genere diverso, altrimenti la seconda preferenza è annullata).

La presenza di una soglia di sbarramento bassa (3%) protegge adeguatamente il diritto di rappresentanza dei piccoli partiti; il premio alla lista anziché alle coalizioni permette di superare l’esperienza passata di un “bipolarismo coatto”. L’eguaglianza del voto anche in uscita non pare soffrirne: il premio scatta al primo turno solo dopo aver superato l’elevata soglia del 40% e, al secondo turno, solo per effetto di una scelta diretta dell’elettore, quindi in maniera non casuale, a vantaggio della lista più votata tra le due ammesse al ballottaggio in quanto più votate al primo turno.

Con questa legge elettorale cambia la forma di governo parlamentare in presidenziale? Si determina una “deriva plebiscitaria” per cui chi vince le elezioni governa senza opposizione?

Anche a queste domande occorre rispondere senza ideologia. La forma di governo disegnata dalla Costituzione, anche dopo la riforma costituzionale, resta di tipo parlamentare: il governo, pure quello che nascerà per effetto dell’Italicum, dovrà godere della fiducia, anche se della sola Camera dei deputati, ma come in tutte le democrazie parlamentari, e resterà in carica finché durerà il rapporto fiduciario. L’Italicum, nel garantire una maggioranza attraverso il premio, conferisce una legittimazione più forte al partito e al leader che vincono le elezioni, assicurando una maggioranza e un governo, ma non determina un’elezione diretta del premier.

Non ha eliminato, né metterà in discussione dopo la riforma costituzionale del bicameralismo, il principio caratterizzante il modello parlamentare secondo il quale il governo è responsabile nei confronti del Parlamento. Nei sistemi presidenziali, invece, non c’è responsabilità parlamentare del Capo dello Stato verso il Parlamento, perché l’uno e l’altro godono dell’investitura diretta del popolo, senza alcun rapporto fiduciario.

Non vengono meno le garanzie del sistema costituzionale italiano. Bastino solo due rilievi: le garanzie costituzionali “contromaggioritarie” non sono alterate perché non muta l’ispirazione profondamente garantista della nostra Costituzione. La Corte costituzionale e la magistratura restano un baluardo a tutela delle libertà; le autonomie sono ridimensionate nei loro poteri ma senza perderli; anzi, con la trasformazione del bicameralismo, le regioni troveranno finalmente una rappresentanza nazionale nel Senato che, se non darà la fiducia, potrà intervenire con veti sospensivi in molti procedimenti legislativi e con pieno potere deliberativo in numerose leggi di carattere generale, senza che il governo possa interferire con quest’organo.

Il Presidente della Repubblica mantiene tutti i suoi poteri. Certo, cambierà, con la trasformazione del Senato, la base elettorale per esprimerlo: ma, come dimostra la storia repubblicana, la carica del Capo dello Stato non dipende dalla maggioranza politica che lo ha eletto, ma da chi viene chiamato a ricoprire questo ufficio e dagli ampi confini che la Costituzione tratteggia per i poteri presidenziali.

La forma di governo, specie quella parlamentare, e il sistema elettorale sono condizionati, in concreto, dal sistema politico partitico. I problemi che intravedo possono derivare dal quadro partitico, piuttosto che da formule giuridiche astratte. Nel contesto italiano una legge elettorale come l’Italicum potrebbe produrre effetti opposti a quelli previsti: formalmente può solo limitarsi a consentire la formazione di una maggioranza numerica che possa sostenere un governo, ma non garantisce in concreto, proprio nelle condizioni politiche date di forte divisione e frammentazione tra e nei partiti attuali, quella stabilità e quella funzionalità di governo che sono così necessarie al nostro Paese.

Non si tratta del migliore sistema elettorale, ammesso che ce ne sia uno. L’Italicum è, però, la migliore legge elettorale nell’attuale contesto politico e, soprattutto, una legge elettorale che si fa carico di rispondere, in maniera più razionale che in passato, all’esigenza di collegare la formazione delle maggioranze di governo al voto popolare, rafforzando la legittimazione del governo e, altresì, creando le condizioni per l’esercizio della funzione di governo.

Insieme alla riforma costituzionale del bicameralismo, nonostante le contraddizioni e i limiti che pure sono presenti nel testo in discussione, si gettano le premesse per operare, finalmente anche in Italia, dopo la caduta del Muro di Berlino, una “razionalizzazione” (molto tardiva) del modello parlamentare, passando, forse con maggiore credibilità, da un sistema di democrazia consociativa bloccata a una democrazia dell’alternanza.